Grosse Koalition: domani il Referendum dell’SPD

Ad un giorno dallo spoglio dei voti degli iscritti a Spd facciamo il punto della situazione sul futuro di Grosse Koalition

Grosse Koalition SPD

Il 4 Marzo 2018 sembrerebbe una delle date più importanti dell’anno per quanto riguarda il futuro dell’Europa: i cittadini italiani sono stati chiamati alle urne per eleggere quello che dovrebbe essere il loro sessantacinquesimo governo; mentre i tedeschi si trovano a sciogliere una condizione di altrettanta importanza che li ha tenuti fino ad oggi con il fiato sospeso, aspettando il risultato del Referendum  nterno a Spd, che ha deciso le sorti della Grande Coalizione proposta dal Cdu, guidata dalla Cancelliera Angela Merkel.

Al momento non sappiamo quali conseguenze avrebbe potuto avere sui Mercati internazionali il “no” degli iscritti a Spd alla Grosse Koalition, ma politicamente sarebbe stato un disastro: la Germania sarebbe tornata al voto a sei mesi di distanza dalla ultimo elezioni, dopo aver tentato per tanti mesi di creare un’alleanza di Governo abbastanza solida in grado di escludere, in primis, i partiti populisti, in particolare l’Afd, schieramento ultranazionalista guidato da Alice Elisabeth Weidel e Alexander Gauland, che al momento sembra essere il primo partito di opposizione.

Il destino della Germania, dunque, è stato messo nelle mani degli oltre 460mila iscritti del partito socialdemocratico, la cui decisione è stata vincolante per la formazione della Grande Coalizione tedesca.

Grosse Koalition, perchè l’SPD va al voto?

Prima di analizzare i risultati del Referendum e le conseguenze che avrà in Germania e in Europa, cerchiamo di ricapitolare brevemente quali sono i motivi che hanno portato Spd a indire questo referendum interno, e come Martin Schulz, ex leader dei socialdemocratici, ha gestito la situazione.

Innanzitutto bisogna ricordare che Schulz, in campagna preelettorale, si è sempre dichiarato contrario all’idea di una Grande coalizione con la Merkel; ovviamente questa posizione intransigente, di fronte al pragmatismo che richiede la politica, si è piegata fino a risolversi in una lunga contrattazione con il Cdu, ufficialmente sancita l’11 gennaio 2018 con la pubblicazione del documento nel quale si annunciava la formazione di una Groko 3.0.

Grosse Koalition SPD

Questa primo avvicinamento fra Spd e Cdu ha creato forti tensioni interne ai partiti, dividendo soprattutto i Socialdemocratici di Schulz, non concordi dell’avvicinamento con la Merkel e la sua linea politica.

Le tensioni all’interno del partito

Queste tensioni interne hanno raggiunto l’apice il 9 febbraio 2018, quando Schulz, dopo molte pressioni interne al proprio partito, ha fatto un passo indietro rinunciando all’incarico di Ministro degli Esteri all’interno della Groko 3.0. In quel momento il leader di Spd ha scelto di rinunciare alla carica ministeriale per non mettere in pericolo il voto di fiducia alla Grosse Koalition.

Ma la situazione di alta tensione è esplosa il 13 febbraio, quando Martin Schulz ha deciso di dimettersi con effetto immediato dall’incarico di leader, annunciando di non pentirsi delle decisioni prese e di essere soddisfatto del contratto di coalizione, che ha raggiunto il 70% degli obiettivi prefissati dal suo partito in campagna elettorale. Dopo questo colpo di scena Olaf Scholz ha assunto l’incarico di commissario a Interim della Spd, che adesso attende le elezioni del nuovo leader che si terranno il 22 aprile a Wiesbaden.

Grosse Koalition, il calo elettorale dell’SPD

Dopo le dimissioni di Schulz le incertezze sul futuro di Spd sono esponenzialmente aumentate; in un sondaggio pubblicato da Insa lo scorso 22 febbraio, Spd si è visto superare da Afd, che ha raggiunto la soglia del 16%, scavallando i socialdemocratici scesi sotto il 15,5%, il loro storico minimo.

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Di fronte ad una situazione così preoccupante per la Sinistra tedesca, gli iscritti sono stati chiamati a decidere le sorti della Grosse Koalition ma forse anche il futuro del Partito stesso che, dopo le decisione contrastate di Schulz, ha perso molto consenso e vede allontanarsi l’ala della sinistra più radicale.