23 Novembre 1980-23 Novembre 2016, 41 anni fa il terremoto dell’Irpinia. Migliaia di vite spezzate tra Campania e Basilicata, diverse province coinvolte e distruzione dovunque. In pochi secondi le terre dell’Appennino meridionale cambiarono volto. Oggi, a 41 anni di distanza, quelle ferite sono ancora aperte e visibili.
Nonostante tanti proclami, le promesse della classe politica del tempo e la pioggia di miliardi arrivati da Roma, da queste parti i segni del terremoto sono ancora evidenti. C’è ancora qualcuno che oggi, nel 2021, soprattutto in Alta Irpinia e nell’Alto Salernitano e ai confini con la Lucania, vive nei prefabbricati allestiti all’epoca come soluzione provvisoria per sopperire all’emergenza.
Ci sono interi territori che hanno visto decine di aziende di piccole, medie e grandi dimensioni, costruire enormi capannoni, promettere lavoro e poi fuggire dopo aver intascato gli scriteriati finanziamenti dello Stato. Ci sono decine di migliaia di persone che si sono illuse di poter avere un futuro migliore per sé e per i loro figli ed invece, puntualmente, sono state costrette ad emigrare al Nord o all’estero per trovare un lavoro dignitoso.
Ci sono anche numerosi politici locali, che all’epoca del terremoto rivestivano le più importanti cariche dello Stato, che hanno sfruttato questa tragedia per distribuire posti di lavoro ed alimentare le logiche clientelari che qui hanno messo le radici.
Ci sono, infine, tanti irpini, salernitani e lucani che oggi, a 41 anni di distanza da quel tragico 23 novembre del 1980, piangono ancora i loro morti. Qui, tra le spigolose montagne dell’entroterra meridionale, il terremoto non è solo un semplice ricordo. E’ vivo nella memoria di tutti.