L’Italia viene accusata e condannata dalla Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo, per aver agito con un’importante ritardo, per proteggere una donna e suo figlio dagli atti di violenza domestica. La moglie ed il ragazzo diciannovenne, subivano continui percosse ed abusi da parte del padre e l’intervento dello stato è stato pressoché inesistente.
I FATTI CHE HANNO PORTATO ALLA CONDANNA
Continuamente martoriati dal padre di famiglia, il ragazzo fu assassinato e la madre riuscì a salvarsi del tentato omicidio. Questa la dichiarazione dei giudici di Strasburgo, la cui sentenza diverrà definitiva tra tre mesi se le parti non faranno ricorso, hanno stabilito che: “Non agendo prontamente in seguito a una denuncia di violenza domestica fatta dalla donna, le autorità italiane hanno privato la denuncia di qualsiasi effetto creando una situazione di impunità che ha contribuito al ripetersi di atti di violenza, che in fine hanno condotto al tentato omicidio della ricorrente e alla morte di suo figlio”.
LA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA DELLA CORTE
La Corte ha condannato l’Italia per la violazione dell’articolo 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) e 14 (divieto di discriminazione) della convenzione europea dei diritti umani. I giudici hanno riconosciuto alla ricorrente 30mila euro per danni morali e 10 mila per le spese legali. Il caso fa riferimento a quanto avvenuto a Remanzacco, in provincia di Udine, il 26 novembre del 2013 quando il marito, ora in prigione, di Elisaveta Talpis uccise il figlio diciannovenne e tentò di uccidere anche la madre.