Negli ultimi anni l’intero universo gastronomico ha destato un interesse sempre crescente. Come tutti notiamo in televisione, sui giornali e sul web imperversano gli argomenti legati all’arte di mangiar bene, come direbbe Pellegrino Artusi. Indubbiamente la presenza così copiosa di questo argomento ha prodotto un oversharing di sapere legato al mondo dell’alimentazione, tanto smisurato da risultare nauseabondo perfino agli appassionati del settore. È però doveroso riconoscere a questa medializzazione e alla ricerca svolta dagli chef d’avanguardia il merito di aver compiuto una rivalutazione del ruolo del cuoco, una rivalutazione che ha i tratti di una rivoluzione.
Il riscatto della figura del cuoco
Se nel 1789 la borghesia, classe media di commercianti, artigiani e intellettuali, tagliando la testa al re e soprattutto alla monarchia si riscatta divenendo la nuova classe dirigente, oggi il lavoro operato da grandi menti prestate all’arte culinaria ha riscattato il ruolo del cuoco, da quasi sguattero, a quello di artista. Già in passato la figura del cuoco si era distinta: pensiamo a Marco Gavio Apicio vissuto a cavallo tra il I secolo a.C e il I secolo d.C. nell’Antica Roma e al suo De re coquinaria o agli ottocenteschi Marie-Antoine Carême, cuoco e scrittore, e Georges Auguste Escoffier che, oltre ad essere autore di numerosi libri, fu definito king of chefs and chef of kings. Però stiamo parlando di figure rare che si sono affacciate nel panorama storico in via sporadica e non si sono configurate come oggi in una corrente massiccia e di grande rilievo.
La cucina nell’era moderna
Ora però, nulla può essere più come prima. Gualtiero Marchesi, padre della nouvelle cuisine italiana, è stato insignito del titolo di commendatore nel 1991 dal presidente Francesco Cossiga oltre alle due lauree honoris causa in Scienze dell’Alimentazione e Scienze Gastronomiche; Ferran Adrià, padre della cucina molecolare, viene invitato in veste d’artista d’avanguardia a Kassel per l’esposizione Documenta 12 ed inserito dal Time nella lista dei cento uomini più influenti al mondo; Massimo Bottura, icona italiana nel mondo, è stato appena insignito con la Laurea ad honorem in Direzione aziendale. Questi sono solamente alcuni esempi. Tutto ciò non è additabile come lo specchio della società contemporanea votata all’effimero in cui un piacere legato ad un basso istinto corporeo assurge a forma d’arte.
I mestiere del cuoco da servo ad artista
Il grande poeta orfico Dino Campana sosteneva che la vocazione poetica è dolorosa perché se da un lato necessita di una dedizione assoluta dall’altro comporta l’incomprensione e l’ostilità dichiarata degli altri. Per la cucina vale il medesimo discorso. Il lavoro del cuoco inizia in tenera età con l’addestramento ad orari massacranti e si svolge in un clima di grande tensione e concentrazione. Come altri artisti, anche questi erano incompresi in passato e trattati come dei servi. Ovviamente il mestiere dello chef è un mestiere anfitrionico di consacrazione delle proprie capacità e del proprio tempo agli altri. Ma questo di per sé è un gesto meraviglioso intriso di umiltà ed altruismo. Inoltre oggi cuochi d’avanguardia creano piatti concettuali e simbolisti per non parlare delle ricerche scientifiche svolte in cucina dove numerosi risultati hanno trovato impiego all’interno dell’industria alimentare e nell’alimentazione sanitaria. Oggi addirittura alcuni chef stanno tentando di inventare tecniche e ricette per cucinare gli insetti secondo il gusto occidentale per far fronte alla crescente richiesta di cibo, conseguente all’aumento demografico mondiale.Il grande Ferran Adrià, che a 18 anni lavorava come lavapiatti e a 45 era artista a Documenta 12, rappresenta il proletariato che si fonde con l’élite, la struttura con la sovrastruttura, rappresenta l’essenza del mondo dove tutto è una medaglia e dove ogni cosa è generata dal suo opposto.