Oggi, 10 Febbraio si celebra il giorno del ricordo delle Foibe, uno dei tanti episodi storici legati alla Seconda Guerra Mondiale e al secondo dopoguerra di cui si preferisce non parlare e sul quale si é taciuto per molto tempo.
Eccidio delle Foibe, una persecuzione in piena regola
Oggi si ricordano i massacri delle foibe, gli eccidi commessi contro la popolazione italiana della Venezia Giulia e della Dalmazia, avvenuti durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra, ad opera dei Comitati popolari di liberazione jugoslavi.
Il nome foibe deriva dal nome che nella Venezia Giulia hanno i grandi inghiottitoi carsici dove furono gettati molti dei corpi delle vittime.
Migliaia i corpi che sono stati gettati nelle foibe uno dopo l’altro a fucilazione avvenuta, un episodio storico grave tanto quanto lo sterminio e le persecuzioni subite da ebrei, cristiani evangelici e omosessuali in quegli stessi anni.
Eccidio delle Foibe, il giorno del ricordo
Gli eccidi delle foibe sono stati l’epilogo di una secolare lotta per il predominio sull’Adriatico orientale, che fu conteso da popolazioni italiane e slave (croati ,sloveni, e serbi). In Italia si parla liberamente di questo argomento dal 2005, anno in cui é stato istituito il «Giorno del Ricordo», in memoria degli italiani torturati, assassinati e gettati nelle foibe dalle milizie della Jugoslavia di Tito.
Più di sessant’anni d’oblio sono passati prima di dare una giusta memoria alle vittime della vendetta di Tito.
La prima ondata di violenza esplose proprio dopo la firma dell’armistizio, l’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani jugoslavi di Tito si vendicarono contro i fascisti che, nell’intervallo tra le due guerre, avevano amministrato questi territori con durezza, imponendo un’italianizzazione forzata e reprimendo e osteggiando le popolazioni slave locali.
Il motivo delle Foibe: perchè la strage?
Con il crollo del regime i fascisti e tutti gli italiani non comunisti vennero considerati nemici del popolo, prima torturati e poi gettati nelle foibe. Morirono, si stima, circa un migliaio di persone. Le prime vittime di una lunga scia di sangue.
L’orrore delle foibe fu generato dall’italianizzazione di questi territori perseguita seguendo il modello fascista con pestaggi, deportazioni nei campi di concentramento nazisti e le fucilazioni dei partigiani jugoslavi.
Fino alla fine dell’aprile del 1945 i partigiani jugoslavi furono tenuti a freno dai tedeschi che avevano dominato Serbia, Croazia e Slovenia con i loro ben noti sistemi (stragi, rappresaglie dieci a uno, paesi incendiati e distrutti). Ma con il crollo del Terzo Reich nulla ha potuto fermare gli uomini di Tito.
Nella primavera del 1945 l’esercito jugoslavo occupò l’Istria e puntò verso Trieste, per riconquistare i territori che, alla fine della prima guerra mondiale, erano stati negati alla Jugoslavia.
La rappresaglia degli Jugoslavi
Gli jugoslavi si imadronirono di Fiume e di tutta l’Istria interna, dando subito inizio a feroci esecuzioni contro gli italiani.
Alcide De Gasperi stimò le vittime delle foibe 7.500 ma in realtà il numero degli infoibati e dei massacrati nei lager di Tito fu ben superiore a quello temuto da De Gasperi: almeno 20mila gli uccisi e 250mila gli esuli italiani costretti a lasciare le loro case.
L’orrore delle condanne
Le uccisioni avvenivano legando l’un l’altro i condannati con un lungo fil di ferro stretto ai polsi, poi venivano schierati sugli argini delle foibe e quindi si apriva il fuoco trapassando, a raffiche di mitra, non tutto il gruppo, ma soltanto i primi tre o quattro della catena, i quali, precipitando nell’abisso, morti o gravemente feriti, trascinavano con sé gli altri sventurati, condannati così a sopravvivere per giorni sui fondali delle voragini, sui cadaveri dei loro compagni, tra sofferenze inimmaginabili.