C’era una volta un posto in una città di mare dove le persone malate venivano confinate perché contagiose e dove i cadaveri erano ammucchiati perché ancora in grado di infettare. Il posto si chiamava Lazzaretto e la città di mare non era altro che Venezia.
Origine del nome Lazzaretto
Nella prima metà del XV secolo, dato l’alto tasso della mortalità a causa della peste e della lebbra, a Venezia si pensò di creare un luogo che potesse mettere in quarantena (periodo di 40 giorni) i malati affinché non contagiassero il resto della comunità. Il luogo scelto fu l’isola di Santa Maria di Nazareth e da qui la struttura venne inizialmente chiamata Nazzaretto.
Dal momento che il Nazzaretto svolgeva la funzione di isolamento degli appestati, per un’analogia col personaggio evangelico Lazzaro il posto venne chiamato successivamente Lazzaretto. Lazzaro di Betania era infatti un ragazzo morto proprio a causa della lebbra e che Gesù resuscitò dopo quattro giorni dalla morte.
Si sa che ai tempi della fondazione di queste strutture le norme igienico-sanitarie erano scarsissime se non addirittura nulle. I lazzaretti erano certamente posti orribili dove le persone difficilmente guarivano. Manzoni descrive ne I Promessi Sposi quello alle porte di Milano in questi termini:
“Il Lazzeretto di Milano […] è un recinto quadrilatero quasi quadrato, fuori dalla città.[…] Le stanzine eran dugent’ottantotto. […] La prima destinazione di quell’edifizio[…] fu di ricoverarvi, all’occorrenza, gli ammalati di peste. […] Dormivano ammontati a venti a trenta per ognuna di quelle cellette, o accovacciati sotto i portici, sur un po’ di paglia putrida e fetente, o sulla nuda terra.[…] E non farà stupore che la mortalità crescesse e regnasse in quel recinto a segno di prendere aspetto e, presso molti, nome di pestilenza”.
La situazione raccontata dal Manzoni è alquanto critica poiché si riferisce ad un momento storico bene preciso: la peste del 1630 che colpì l’Italia Settentrionale. L’autore ci racconta infatti che il lazzaretto era il luogo in cui gli appestati venivano internati con il solo scopo di allontanarli dalla città. Viste le condizioni di vita di questi all’interno della struttura, privi di cibo nutriente, di pulizia, di ordine, si pensò che alimentassero ulteriormente il focolaio della peste e quindi si decise di liberarli per farli morire sempre fuori dalla città.
Una scena questa, anche se romanzata, sicuramente vera e terrificante.
Significato oggi
La lebbra e la peste sono oggi malattie che possono essere trattate e tenute sotto controllo da terapie efficienti come i vaccini e gli antibiotici. I luoghi di “cura” come il Lazzaretto non esistono più per fortuna ma nell’immaginario collettivo l’idea di questi posti come un luogo di orrore e morte è ancora vivo. Con il termine Lazzaretto oggi si indica un posto dove il disagio socio-economico prevale e le persone vivono in condizioni precarie. In realtà il termine è usato spesso in modo ironico e non comporta nessuno stigma.
Ci si riferisce al lazzaretto per esempio quando si sale su un autobus pieno di persone: chi tossisce da una parte chi starnutisce dall’altra. Insomma per certi versi il lazzaretto può risultare tragicomico.