“Spegni le candele dai, Che fiato tu ne hai, A te buon compleanno, Son qui felice sono anch’io, Ti guarderò spiccare il volo, È finalmente azzurro il cielo, E tu colomba quanto cielo, Volerai! “
Così diceva la canzone “Buon Compleanno” di Renato Zero, tratta dal suo album del 1991 “La coscienza di Zeno”.
Nato a Roma il 30 settembre del 1950, Renato Fiacchini, lascia al terzo anno l’Istituto di Stato per la Cinematografia e la Televisione per dedicarsi completamente alle sue passioni: la musica, la danza, il canto e la recitazione.
Già da giovanissimo inizia a travestirsi e a esibirsi in piccoli locali romani.
“Sei uno zero” è ciò che più spesso si sente dire da chiunque lo reputa una nullità, ma che gli darà lo spunto per lo pseudonimo Zero .
A 14 anni arriva il primo contratto, esattamente al Ciak di Roma, per 500 lire al giorno.
In una delle tante serate a Piper, conosciuto locale notturno, viene notato da Don Lurio, il quale lo “trascina” in un gruppo di ballo a supporto dello show serale di una giovanissima Rita Pavone.
Nei primi anni Settanta, con l’avvento del glam-rock, caratterizzato da lustrini, paillettes e trucco, Renato Zero inizia a dare voce alla sua identità (tutt’ora ancora ambigua) provocatoria e alternativa.
Audace e mai volgare, Renato Zero inizia a raccontarsi veramente in capolavori come Mi vendo, Morire qui, L’ambulanza, La Trappola e il capolavoro per eccellenza, ossia Il Cielo.
L’album Zerofobia è una rivelazione per il pubblico: chi lo odia e lo disprezza contro chi inizia ad amarlo alla follia.
Si presenta al pubblico con canzoni magnifiche e intrise di aspetti significativi di quel periodo: l’aborto, la droga e il sesso troppo facile con la canzone Sesso o Esse.
Perché i fan di Renato Zero sono definiti sorcini?
“Piuttosto che una setta di porci, è meglio un mondo in mano ai sorci. Che ne sai cosa si aspettano mai? Bisogna essere guerci per non accorgersi dei sorci…Piccoli, medi, giganti Sorci! Sorci! Sorci! Finché vuoi, Sono assai furbi per questo ingannarli, non puoi!”
Questo è ciò che pensa l’artista e tramuta nella canzone I figli della Topa.
Sostituisce la definizione zerofolli dell’inizio carriera con sorcini. Termine che nacque nei primi anni ottanta, quando, osservando i fan che lo attorniavano coi motorini, lui esclamò: «Sembrano tanti sorci». Da quel momento, per analogia, è diventato “il re dei sorcini“.
Fan sfegatati, etero e omosessuali di ogni età ma semplicemente zerofolli, lo inseguono negli stati e nei palazzetti per assistere a concerti discreti, coinvolgenti e molto significativi.
Tra una canzone e l’altra ha la capacità di coccolare in modo del tutto naturale e maturo il suo pubblico, mentre inneggia ad azioni di filantropia e solidarietà con una naturalezza sconcertante.
Si schiera dalla parte degli emarginati, dei disadattati e degli zero della società, rievocando ciò che lui stesso è stato.
Non ci resta che augurare “cento di questi giorni” al beniamino della musica italiana, colui che è riuscito a trascinare fan di ogni età e sesso nel suo meraviglioso mondo, nato da zero.