La cucina siciliana è senza dubbio una delle più apprezzate in Italia e nel mondo per le prelibatezze che propone, a partire dall’arancina. A questo punto sorge il dubbio: si dice ‘arancina‘ o ‘arancino‘? È un interrogativo che ha diviso e continua a dividere la Sicilia, in particolare Palermo e Catania. Le due città rivaleggiano sia a livello calcistico che, a quanto pare, a livello culinario.
La famosa diatriba tra Palermo e Catania si disputa sul ‘sesso’ della celebre ricetta sicula, salita alla ribalta della cronaca per l’ottimo gusto che la caratterizza da sempre. A Palermo, si tende a chiamarla ‘arancina’ per via della forma tonda, che però diventa ‘arancino’ a Catania, dove piuttosto ha quasi sempre una forma appuntita, ispirata verosimilmente al Vulcano Etna.
Di questo conflitto si è occupata la BBC, principale organo di stampa britannico, che a tal proposito ha dedicato un servizio sul tema. L’emittente britannica non solo definisce questa contesa come “la madre di tutte le battaglie siciliane”, ma ha interpellato cuochi, esperti di gastronomia e studiosi delle tradizioni popolari per cercare di comprendere e, perché no, ricostruire la storia della protagonista dello street food siciliano.
L’arancina o arancino viene descritto come “un cibo di strada, che potete trovare nei bar o nelle bancarelle”. Agli spettatori e amanti della buona cucina è stata illustrata la storia e la ricetta, con le diverse varianti che annualmente assumono tonalità più specifiche.
L’origine della pietanza
L’arancina nasce a cavallo tra il IX e l’XI secolo durante la dominazione araba. Era usanza araba appallottolare un po’ di riso allo zafferano nel palmo della mano, per poi condirlo con la carne di agnello.
Di fatto, Giambonino da Cremona annotava nel XIII secolo nel suo Liber de Ferculis che gli Arabi tendevano a chiamare le polpette con un nome che rimandasse a un frutto simile: l’arancia, di cui l’isola era stra-ricca.
Di conseguenza, ‘arancinu’ si traduceva originariamente come ‘arancino’, ma la codifica del maschile per l’albero e del femminile per il frutto propria della lingua italiana, intervenuta in un secondo momento, avrebbe implicato un “cambio di sesso” in ‘arancina’.
Sul tema si è pronunciata anche l’Accademia della Crusca, la quale ha spiegato:
Il femminile è percepito come più corretto (formalmente) perché l’opposizione di genere è tipica nella nostra lingua, con rare eccezioni, per differenziare l’albero dal frutto. Si può ipotizzare che il prestigio del codice linguistico standard, verso cui sono sempre state più ricettive le aree urbane, abbia portato la forma femminile arancia a prevalere su quella maschile arancio nell’uso dei palermitani.
Essi, avendo adottato la forma femminile per il frutto, l’hanno di conseguenza usata nella forma alterata anche per indicare la crocchetta di riso: dunque, arancina”. Come, tra l’altro, testimonia la più antica citazione letteraria di questa specialità, quel passo dei Vicerè del catanese Federico De Roberto in cui si parla di “arancine di riso grosse ciascuna come un mellone”.
Al di là del sesso della pietanza, ricordiamoci che l’arancina o l’arancino è un patrimonio siculo e italiano da preservare e soprattutto gustare. Buon appetito!