Il 3 aprile potrebbe arrivare un nuovo DPCM che prolunga il periodo di “quarantena”, ecco quali saranno i dati da tenere sott’occhio
Come da molti intuito, le misure restrittive non termineranno il 3 aprile. La curva dei contagi è ancora alta e – secondo molti scienziati – non è stato ancora raggiunto il picco. Il ritardo sulle previsioni in mano al Governo a inizio marzo, potrebbero comportare un nuovo DPCM che allungherebbe di 15 giorni le misure restrittive, seppur con qualche allentamento per le imprese.
Ad anticiparlo è il Corriere della Sera, che da per certo il prolungamento delle misure restrittive fino a dopo Pasqua, naturalmente tale evenienza sarebbe scongiurata nel molto difficile caso di un rallentamento improvviso.
A vederla così, le parole dei massimi esponenti della sanità italiana convergono. Solo venerdì Silvio Brusaferro (ISS) e Franco Locatelli (CSS) hanno parlato di numero nel complesso positivi, ma la discesa non si vede ancora. Sempre la testata nazionale ha parlato di un parametro fondamentale utilizzato dal governo per orientarsi: l’R0.
Cos’è l’R0?
Nei modelli statistici che vengono continuamente prospettati alle autorità, l’R0 è l’indice di contagiosità del virus. Ovvero si calcola, in media, quante persone contagia una persona già infetta da Coronavirus. Quando l’R0 sarà minore di 1, ovvero ogni malato contagia meno di una persona, le misure restrittive potranno allentarsi. Dati che, a quanto pare, sembrano ancora lontani.
Difficoltà economiche e possibili rivolte: come si comporterà il Governo?
Ad ogni modo si è ben consci che un ulteriore prolungamento di tali misure potrebbe indurre ad episodi di rabbia pubblica, come da giorni già avviene a Palermo o a Napoli. Anche il ministro per il Sud, Peppe Provenzano, ha più volte avvisato i suoi colleghi della mancata tenuta democratica di alcune zone del paese, per cui bisogna intervenire.
Ad ogni modo, il problema sembra più generalizzato. Le imprese da Nord a Sud faticano a pagare gli stipendi e la cassa integrazione non è stata ancora ricevuta dalla maggior parte dei lavoratori. Tragico anche il fronte delle partite IVA, le quali hanno ritenuto non sufficiente il bonus di 600 euro.