Le più arcaiche tracce dell’esistenza del caffè, pervenute a noi, risalgono alla Persia dell’850 d.C.. Esse non costituiscono testimonianze della vita dell’epoca ma fanno parte del pingue scrigno delle leggende tramandate nei secoli.
Una di esse narra che Maometto, solo dopo aver bevuto una tazza di caffè, portatagli dall’Arcangelo Gabriele, riuscì a possedere la prestanza di attivarsi per la risoluzione delle problematiche che contraddistinguevano quel periodo.
Le prime documentazioni che collocano il caffè come una bevanda consumata nella vita quotidiana giungono dall’Etiopia, più precisamente dalla regione di Kaffa. Il merito della scoperta della pianta di questa materia prima straordinaria lo dobbiamo ad un pastore di questa regione Africana. Egli notò il drastico aumento dell’irrequietezza delle sue capre dopo essersi cibate delle bacche rosse e delle foglie di una pianta all’epoca ancora ignota.
Decise, allora, di portare alcune di queste misteriose bacche ad un monaco, il quale facendole bollire ottenne una bevanda tonica ed energetica. La bevanda si diffuse da monastero a monastero.
Nel XV secolo gli arabi invasero l’Etiopia ed esportarono i semi del caffè nei loro territori di origine, dando natali alle piantagioni in Yemen e Aden.
Gli arabi ottennero due bevande differenti dai chicchi Etiopi: il kasher, simile al te, e il bounya ovvero il caffè. I primi stranieri che seppero apprezzare questa bevanda furono i turchi, i quali la gustavano anche con l’arricchimento di chiodi di garofano, anice o cannella.
Gli arabi vietarono l’esportazione della pianta del caffè. Per questo l’India poté vantarne la presenza di piantagioni, all’interno dei suoi confini, solo dopo il furto nel 1600 di qualche seme per mano di un pellegrino musulmano.
Gli europei erano consapevoli dell’esistenza di questa bevanda 40 anni prima di poterla assaggiare grazie alle testimonianze di un medico che viaggiava in Oriente, il quale la definiva nera come l’inchiostro ed efficace come un farmaco.
Nel XVII secolo il caffè fu un’esplosione all’interno dei mercati europei. Nel 1615 i Veneziani iniziarono a commerciarne i chicchi mentre gli Olandesi divennero i maggiori produttori di caffè al mondo grazie al furto di una pianta dall’Arabia e la creazione di piantagioni sulle isole di Ceylon e Giava, le quali godono del clima perfetto per la coltivazione di questa pianta.
La Chiesa Cattolica rese ardua la diffusione delle industrie del caffè in Europa, nonostante Papa Clemente VIII avesse apprezzato la bevanda. In seguito fu proprio grazie a questo Pontefice se la bevanda poté essere consumata da tutti i ceti sociali, anche in Austria e in Francia.
Nell’epoca illuminista nacquero le prime caffetterie in Europa, le quali fungevano da luoghi d’incontro tra banchieri, artisti, poeti e autori letterari. I caffè Italiani che risalgono a questo periodo storico sono: il Caffè Florian di Piazza San Marco a Venezia, il Caffè Gilli situato a Firenze, l’ antico Caffè Greco a Roma, il noto Caffè Pedrocchi di Padova, il Caffè Ussero di Pisa e il Caffè Fiorio di Torino. I Francesi e gli Olandesi rubarono delle piantine di caffè per creare le prime coltivazioni nei Caraibi.
Nel 1727 un ufficiale brasiliano in visita nella Guyana francese ricevette in dono dalla moglie di un governatore un mazzo di fiori al cui interno si celava una piantina di caffè. Questo regalo segnò i primordi delle più grandi piantagioni di caffè al mondo.