BUENOS AIRES – Fuori il Congresso il movimento Ni Una Menos oggi esulta vincitore, ma solo per il momento. Protagonista è la “Campagna per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito” che ha presentato alla Camera dei Deputati il disegno di legge per la legalizzazione dell’aborto. I numeri indicano quanto la situazione sia delicata e a rischio sbilancio: 131 voti a favore, 123 contrari e un’astensione. La decisione definitiva spetterà al Senato che ha già anticipato la sua opinione a riguardo. Conservatore e cattolico, la sua risposta è facilmente intuibile.
La proposta di Ni Una Menos
Negli ultimi dieci anni al governo argentino sono passate 7 proposte per la depenalizzazione dell’aborto, ma nessuna di esse ha concluso l’iter legislativo. Questo giugno la Campagna ha fatto centro con il progetto disegnato dalle quattro deputate Victoria Danda, Brenda Austin, Romina del Plà, Monica Macha. Con loro altri 71 deputati hanno firmato a favore.
In cosa consiste la legge?
La legge propone: 1) possibilità di abortire entro la 14 settimana di gestazione, termine derogabile nei casi di donne a rischio, vittime di stupro o il cui feto presenta gravi malformazioni; 2) inclusione dell’aborto nel programma medico obbligatorio e 5 i giorni entro cui la richiesta deve garantire l’accesso al servizio; 3) richiesto l’insegnamento laico all’interno delle scuole, quindi lezioni sulla prevenzione e l’educazione sessuale.
Argentina: paese degli aborti clandestini
I dati del 2004 raccolti dall’ Economist testimoniano che i due terzi della popolazione si dichiarava contraria alla legalizzazione della pratica abortiva. A distanza di un decennio l’opinione pubblica si è totalmente ribaltata.
Cosa è successo? Secondo Human Rights Watch ogni anno in Argentina 500.000 sono gli aborti clandestini a cui le donne si sottopongono, rischiando complicazioni post-aborto. Le strutture di sanità pubblica non sono mai intervenute a loro favore, anzi proprio dal personale partivano le denunce nei confronti di colei che si era macchiata di “assassinio”, dunque pena la detenzione immediata. L’ultimo caso risale al 2016, vittima governativa una 27enne.
Che ne pensa la chiesa argentina?
La conferenza episcopale argentina ha pubblicato un documento in cui difende il diritto alla vita che “inizia dal concepimento”, ha organizzato preghiere comuni e raccolto la firma dei preti praticanti nelle baraccopoli di Buenos Aires, i quali non fanno a meno di ricordare quanto i bambini siano un “grande tesoro” e che la povertà sia una questione molto più urgente di cui occuparsi. Sarebbe curioso sapere cosa ne pensa Papa Francesco.