L’angioplasica, metodica utilizzata spesso in ambito medico, previene le ostruzioni dei vasi sanguigni in presenza di restringimenti che non fanno passare bene il sangue.
L’angioplastica è nata oltre 40 anni fa, ed è una metodica medica ancora molto usata oggi nella terapia delle coronopatie. Sostanzialmente l’angioplastica consiste nell’inserimento all’interno del vaso sanguigno di un palloncino sgonfio (tipo un catetere) che va posizionato poi all’altezza del restringimento venoso. Una volta lì, il palloncino viene gonfiato in modo da riportare alla normalità lo spazio venoso parzialmente ostruito.
Ci sono diversi tipi di angioplastica, che si differenziano per la sede di applicazione dove viene praticata. Le più comuni sono: l’angioplastica coronaria, che si pratica alle arterie che portano il sangue al cuore; l‘angioplastica periferica che spesso si riferisce a vene secondarie posizionate negli arti inferiori; l’angioplastica dell’arteria renale, che come dice il nome stesso si riverisce al vaso che porta sangue al rene ed infine l’angioplastica delle carotidi, uno dei più grandi tronchi arteriosi che irrora il sistema nervoso centrale e le strutture facciali.
L’operazione di angioplastica viene praticata in anestesia parziale, pertanto il paziente è sveglio e vigile, e l’intervento dura poco meno di 1 ora. Nella maggior parte dei casi, l’operazione si completa con l’applicazione di uno stent, ossia una reticella metallica ricoperta o meno da un farmaco.