È stata arrestata l’ex eurodeputata di FI Lara Comi nell’ambito del filone dell’indagine denominata ‘Mensa dei Poveri‘. Ad eseguire l’ordinanza, firmata dal gip Raffaella Mascarino su richiesta dei pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri, il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano.
La Comi e l’ad dei supermercati Tigros Paolo Orrigoni sono ai domiciliari, mentre il dg di Afol Metropolitana Giuseppe Zingale è in carcere. Sono accusati a vario titolo di corruzione, finanziamento illecito e truffa.
Da una conversazione intercettata risalente al 9 maggio Lara Comi riferisce al suo avvocato di 17 mila euro che avrebbe ottenuto da Afol. “Oggi io dirò che non ho mai preso 17K non ho mai avuto consulenze con Afol né a società a me collegate che non esistono … Se mi chiedono perché dicono questo posso dire che eri tu che facevi loro consulenza”: sono le dichiarazioni emerse dall’intercettazione telefonica che si trova nell’ordinanza di custodia cautelare.
Dalla medesima ordinanza è emerso oltremodo che “nonostante la giovane età, Lara Comi ha mostrato nei fatti una non comune esperienza nel fare ricorso ai diversi, collaudati schemi criminosi volti a fornire una parvenza legale al pagamento di tangenti, alla sottrazione fraudolenta di risorse pubbliche e all’incameramento di finanziamento illeciti”.
Di cosa è accusata Lara Comi
Su Lara Comi pendono cinque dei sette capi di imputazione contestati dai pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri, coordinati dal capo della Dda di Milano Alessandra Dolci. Uno di questi riguarda l’accusa di corruzione per la consulenza a favore del legale Maria Teresa Bergamaschi incassata da Afol: trattasi di 38mila euro per un doppio contratto, in parte (10mila euro) indirizzata all’ex europarlamentare.
Tale vicenda ha condotto all’arresto dell’ex direttore Giuseppe Zingale, peraltro indagato per istigazione alla corruzione per la nomina in un ente regionale di Luca Marsico, ex socio del governatore Attilio Fontana.
Le altre due imputazioni contestati alla Comi sono di truffa ai danni del Parlamento europeo. All’attenzione degli investigatori il denaro retrocesso a Comi da un giornalista, suo addetto stampa, a cui la stessa aveva incrementato lo stipendio per incassarne poi duemila ogni mese.
Tesi messa a verbale da Nino Caianiello, ritenuto il ‘burattinaio’ del sistema delle nomine e degli appalti al centro dell’inchiesta: “Più volte avevo espresso alla Comi la necessità di trovare una modalità attraverso cui retrocedere delle somme in favore della mia persona, in ragione dei costi che la quotidiana attività politica mi comportava”.
Tale passaggio riguarda in particolare la presunta truffa al Parlamento europeo attraverso un piano ben architettato: ossia gonfiare fino a 3mila euro al mese lo stipendio dell’addetto stampa dell’epoca dell’eurodeputata, rimborsato dall Europarlamento, per poi girare 2mila euro a Caianiello. “Comi – ha dichiarato Caianiello lo scorso 2 settembre – era recalcitrante a retrocedere una parte del suo stipendio per finanziare le strutture del partito di Forza Italia, anche in vista delle imminenti elezioni europee, escogitammo lo stratagemma di far maggiorare lo stipendio del giornalista Aliverti“.
L’altra quanto inaspettata truffa attiene a un contratto falsificato di consulenza come collaboratore al Parlamento europeo dello stesso Nino Caianiello, a quanto pare ignaro di questa operazione.
Gli ultimi due capi di imputazione sono invece relativi al finanziamento illecito e alle fatture false per la pseudo consulenza da 31 mila euro incassata da una società di Marco Bonometti, attuale presidente di Confindustria Lombardia, e indagato per la medesima vicenda.