Ci sono parole nella lingua italiana che vengono usate molto spesso in maniera del tutto naturale che però celano una storia e un significato profondo sconosciuti ai più. È il caso di capro espiatorio che ha in sé il concetto di sacrificio, nel vero senso della parola, dunque correlato all’uccisione di una vittima.
Sacrificio nella cultura greca
Nell’adorazione degli Dei dell’Olimpo era parte integrante dell’atto propiziatorio l’uccisione, il sacrificio offerto agli immortali, di un animale che generalmente era un bue o una capra. La Thysia era la processione all’inizio della quale vi era questo animale pronto alla consacrazione mediante taglio della gola, alla macellazione e infine al consumo delle sue carni. Il tutto accompagnato da un pianto corale femminile. Lo smembramento della bestiola avveniva in nome della collettività per ingraziarsi gli dei affinché fossero magnanimi con i propri seguaci.
Sacrificio nella cultura ebraica
Nella tradizione ebraica le cose cambiano: in questo caso le carni dell’animale non erano destinate all’ingerimento ma venivano bruciate. Il sacrificio in questione avveniva con l’obiettivo ultimo dell’espiazione dei peccati. In un giorno preciso dell’anno, chiamato Yom Kippur, avveniva un altro rituale espiatorio. L’atto consisteva non nell’uccisione della bestia ma nel mandare un capro emissario, simbolicamente appesantito dal carico dei peccati del popolo ebraico, dal tempio di Gerusalemme verso il deserto sconfinato come gesto purificatorio da tutte le colpe.
Significato odierno di Capro espiatorio
Anche se l’uccisione di un animale in un rito religioso non è più contemplata, il concetto di tale espressione assurge ora ad una dimensione puramente figurata. Oggi per capro espiatorio si intende infatti una persona, o più di una, in parte o del tutto innocente (in questo caso un tratto comune alla vittima sacrificale degli antichi rituali) che viene additata come quella responsabile di azioni collettive (altro tratto in comune). La persona in questione, o il gruppo di persone, sarà considerata quindi come colpevole di tutto. Come scrive il Pianigiani nel suo Dizionario “dicesi così l’Uomo sul quale pesano a torto gli odi e le maledizioni di tutti”.
Avvenimenti importanti accaduti nella storia dimostrano proprio l’intenzionalità dell’uomo di addossare la colpa a qualcuno (basti pensare alle persecuzioni di alcune minoranze etniche e religiose), di ricercare quindi un capro espiatorio che sia responsabile di mali altrimenti attribuili ad altre circostanze.
Nello stato attuale delle cose puntare il dito è sempre più facile che analizzare a fondo il problema e cercare di risolverlo. Del resto il non assumersi le proprie responsabilità ma attribuirle ad altri, stigmatizzandoli, senza alcun motivo preciso costituisce un atto irragionevole spesso dettato da sentimenti di antipatia, gelosia, invidia o dal semplice desiderio di fare del male a qualcuno.
Come si è ridotto l’Uomo pur di non guardare in faccia la realtà!