Da sette anni la Siria è ormai una polveriera, teatro di una feroce guerra su più fronti che non accenna a vedere una fine. Le forze coinvolte sono diverse e il conflitto assume connotati complessi, che necessitano di un’analisi politica complessa viste le forze in campo e le influenze delle potenze internazionali sul territorio siriano. Ecco perchè dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni, si sta assistendo proprio a una crisi di portata mondiale che vede come protagonisti assoluti Donald Trump e Vladimir Putin.
Raid chimico su Douma: la posizione di Trump
8 aprile 2018: il presidente americano Donald Trump accusa violentemente tramite un tweet ufficiale, il dittatore siriano Bashar al-Assad di essersi reso responsabile del presunto attacco chimico compiuto a Douma; nel calderone finiscono anche il Presidente russo Vladimir Putin e quello iraniano, Hassan Rouhani per l’appoggio fornito all’ “Animale” Assad.
Many dead, including women and children, in mindless CHEMICAL attack in Syria. Area of atrocity is in lockdown and encircled by Syrian Army, making it completely inaccessible to outside world. President Putin, Russia and Iran are responsible for backing Animal Assad. Big price…
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) April 8, 2018
Sotto accusa successivamente anche l’operato del suo predecessore Barack Obama, reo secondo l’attuale presidente degli Stati Uniti di non essere intervenuto una volta che Assad avevi già superato la famosa “Linea rossa“, ritardando l’intervento americano proprio contro il dittatore siriano.
Intervento che sarà condotto proprio da Trump il 7 aprile del 2017, quando il presidente americano lanciò 59 missili senza consultare il Congresso, colpendo una base aerea siriana sospettata di avere fatto partire un attacco chimico contro la città di Khan Shaykun, pur con una mancanza di prove ufficiali della presenza delle stesse.
Ad un anno dal fatto in questione, la storia si ripete: testimonianze fotografiche fanno sospettare l’utilizzo di armi chimiche nella città di Douma, con un centinaio di morti accertati, tra cui diversi bambini.
La reazione internazionale
La ferma condanna di Donald Trump, non è stata priva di conseguenze. L’accusa di connivenza rivolta a Vladimir Putin è stata rimandata al mittente dalla diplomazia russa (alleata di Assad), rimandando a delle indagini successive la verifica di quanto accaduto. La priorità dichiarata dalla Russia è dopotutto quella di stabilizzare la situazione politica in Siria per pensare solo successivamente a un eventuale post- Assad. Linea d’azione ritenuta insostenibile dall’America, che non concepisce alcuna soluzione di pace che preveda la presenza di Assad stesso al potere.
Tuttavia una condanna ufficiale arriva anche dalla Turchia, che dichiara inaccettabile l’utilizzo di armi chimiche in Siria, nonostante proprio il presidente turco Tayyip Erdogan, insieme a Putin e Houhani sia tra i principali sostenitori di Assad, nonchè protagonista del vertice di Ankara del 4 aprile, avente per oggetto la posizione delle tre potenze nella regione mediorientale.
L’ultimo tassello che completa questo scenario geopolitico sempre più teso è l‘attacco alla base siriana nella provincia di Homs, la cosiddetta “Base T4”, avvenuto nelle prime ore di lunedì 9 aprile. Nonostante manchi ancora l’ufficialità riguardante la paternità dell’attacco, la Siria e il ministro della difesa russo hanno accusato Israele del fatto, che tuttavia ha risposto con un laconico “No Comment”
Riguardo l’attacco, nessun esponente dello schieramento occidentale pare volere (o riuscire) a chiarire la situazione: il Pentagono ha smentito infatti tramite un portavoce il coinvolgimento nell’operazione, mentre il Presidente francese Emmanuel Macron ha negato il coinvolgimento della Francia. Una patata bollente che nessuno vuole tenere tra le mani, ma che di fatto ha inasprito ulteriormente una situazione che l’Onu dovrà quanto prima risolvere, in un vertice tra le potenze che si terrà nella giornata di mercoledì.