Li conosciamo tutti i cosiddetti “leoni da tastiera”, coloro che si trincerano e pongono dietro uno schermo e scherniscono senza alcuna cognizione di causa, forti del loro rifugio, perché del resto quanto è più infinitamente semplice e apparentemente privo di conseguenze sentenziare comodamente dalla propria dimora senza il bisogno di dover fronteggiare il proprio interlocutore?
Io stessa sono stata vittima di questi beoti, del cyberbullismo, inutili per la prosecuzione della specie: quando mi soleva capitare di pubblicare poesie su Facebook, accadeva, non troppo di rado che venissi attaccata da invasati religiosi, cariatidi insoddisfatte delle proprie mediocri vite e minus habens che a malapena erano in grado di leggere.
Poniamoci un quesito, come abbattere questa barriera mediatica?
Responso: in alcun modo, costoro non si esauriscono mai, imperversano in questa deleteria condotta pregna di violenza, perché sì, le parole feriscono, ma rimettere al proprio posto uno di loro equivarrebbe a porre un cerotto su una ferita da arma da fuoco, temporaneo e inutilmente doloroso, poiché proiettano in alto nel cielo il loro marchio, in modalità Batman, e ne accorrono numerosi molti altri.
L’unica arma a nostra difesa è la più totale indifferenza, suonerà un trito luogo comune, ma è un esercizio di vita profondamente utile.
Imparare a fregarsene delle opinioni altrui, specie se vomitate dal retro di uno schermo, presumibilmente da un rude uomo sovrappeso cosparso di patatine, è l’unica scelta verso cui optare, nonché un grande insegnamento di vita.
Cyberbullismo: il caso di Tiziana Cantone
Prendete ad esempio Tiziana Cantone, quanto è stata ingiustamente torturata, angariata e molestata da illustri sconosciuti, i quali non avevano il benché minimo diritto di mettere bocca sulle sue scelte di vita.
L’hanno condannata a morte, isolandola e sommergendola di insulti via web, per che cosa poi? Perché aveva girato un filmetto osè? Colui che è senza peccato scagli la prima pietra.
Il quale per inciso è stato divulgato senza il suo consenso, e questa è la parola chiave. Quanti ragazzini vengono ogni dannatissimo giorno ricattati per degli scatti e violentati sul web per qualsivoglia ragione?
Di preciso vorrei domandare a questi “leoni da tastiera”, a questi riprovevoli individui, che beneficio traete dal vomitare la vostra aggressività repressa su delle persone che neanche conoscete?
Da cosa sorge la necessità di andarsi ad invischiare in qualcosa che non vi riguarda neanche alla lontana?
Ma soprattutto, da dove e cosa deriva una tale espressione di crudeltà?
Nella mia visione del mondo, le persone sono pressoché inconsapevoli della metà di ciò che dicono, o se non altro, mi piace pensarlo, per quanto ciò vado a scapito della loro inesauribile fonte di ignoranza. È come la storia della gazzella e del leone.
Alcuni consigli per superare il cyberbullismo
Ogni mattina la gazzella si ridesta e sa che dovrà correre più veloce del suo predatore per sopravvivere. Nella stessa misura, ogni dì, un giovane uomo o una giovane donna sorgono e dovranno essere consci di doversene infischiare per non soccombere.
Rammentate inoltre che il confine tra carnefici e vittime è molto labile.
Con ciò intendo dire che, sul lungo termine, un individuo accetta di rivestire il ruolo della vittima e ne accetta le conseguenze, concede al proprio carnefice di disporre di lui come meglio ritiene.
Uscite dal circolo vizioso e siate padroni delle vostre vite e non assoggettati a questi maniaci del web sfaccendati, privi di acume e dal tatto non esattamente encomiabile. Mi resta un unico quesito da porre a questi cosiddetti maestri di vita, precisamente, cosa vi fa credere di essere migliori degli altri?