Magistrati siciliani che lottano contro la mafia: una testimonianza

Le differenze che un magistrato siciliano ha riscontrato tra l’esercitare questo lavoro negli anni ’90 ed oggi.

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L’attuale presidente gip di Catania, N.A.S intraprende la sua carriera di giudice antimafia a Caltagirone, dove nel 1985 celebrò il primo processo per associazione mafiosa in Italia. Pare che fra gli imputati vi fosse anche un mafioso, il quale in seguito si rese responsabile nonché artefice della strage di Capaci, per la precisione l’artificiere.

Quando il Dottor. N.A.S successivamente si trasferì al tribunale di Catania gli affidarono il compito di persistere nell’occuparsi di diritto penale e fu così che venne nominato giudice istruttore penale. Egli ha esercitato poi a Catania come giudice antimafia dall’88 al 98.

Mi sono permessa di porgli il seguente quesito: come siano stati questi anni per il suo lavoro e la sua sicurezza personale. Egli era obbligato ad essere scortato ovunque con la scorta blindata, aveva i militari sotto casa, operazione denominata “vespri siciliani”, il tutto per l’intero arco di questo periodo, tutti e dieci gli anni. Da un punto di vista lavorativo si occupò di processi di mafia sempre più importanti e di maggior rilievo.

Tangentopoli e il rapporto con la politica

Gli ho successivamente domandato come si sentisse sotto un profilo strettamente lavorativo e di carriera una volta giunto a Catania. Mi rispose che si percepiva oltre ogni umana aspettativa infinitamente utile poiché dagli anni novanta iniziarono ad occuparsi della Tangentopoli e dei rapporti mafia-politica-affari.

Captata la parola Tangentopoli non ho potuto non chiedergli se avesse mai temuto per la sua vita o quella dei suoi cari. In diverse occasioni mi apportò svariati esempi: vi fu un episodio nel quale si trovava in uno shopping di prodotti informatici dove la polizia bloccò un sospetto munito di pistola pronta all’uso, per non menzionare quella volta in cui una vettura sostò per tempo immemore sotto casa sua, appurarono volessero mettervi all’interno del tritolo e venne sequestrata prima che accadesse l’inevitabile.

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Ultimo, ma non per questo meno degno di nota, scoprirono che dei mafiosi avevano acquistato delle armi pesanti per penetrare le auto blindate, ma un pentito permise loro di sequestrarle. Per ciò che concerne i pericoli in cui incorreva la sua famiglia: i bambini si recavano a scuola con un autista privato mentre al padre non era permesso avvicinarsi a quel luogo per la sicurezza dei suoi figli, ma non solo, per quella di tutti i presenti causa eventuali sparatorie.

Minacce ed intimidazioni della mafia

Non ancora soddisfatta del mio articolo feci una domanda piuttosto scomoda, la più antipatica per eccellenza, chiesi lui perché avesse deciso di trasferirsi al Nord. Con la semplicità, la sincerità e traboccante di un’umiltà che solo gli uomini di altri tempi possiedono ammise fu proprio a causa delle minacce, ma come biasimarlo, dopotutto aveva una famiglia da preservare e si avviò per la volta del nord in attesa di un posto semi direttivo in un’altra zona del paese.

Oggi costui ha fatto ritorno nella sua terra natia e riveste lo stesso ruolo di venti anni addietro o meglio dirige l’ufficio dei giudici per le indagini preliminari e muoio dalla voglia di tempestarlo di ulteriori domande, come ad esempio, come sarà la mafia nel 2019? Noi tutti esigevamo venisse estirpata e sebbene le cose siano cambiate, permane ancora come un morbo dilagante.

Oggi la mafia è diventata più imprenditoriale e quindi non opera più con il braccio armato, dopo questa esaustiva spiegazione gli domandai se si sentisse finalmente al sicuro. In penombra e con uno sguardo penetrante mi osservò a fondo prima di rispondere sghignazzando un “relativamente”.

La mafia in Sicilia oggi: qual è la situazione

La criminalità organizzata in Sicilia nel 2019 è ancora molto presente, per quanto con sfaccettature differenti: una mafia che si occupa più dei capitali e della gestione di essi mediante l’usura e l’apertura di esercizi commerciali.

Determinata a rischiare di essere defenestrata fuori mi cimentai in un’altra delle mie domande sconvenienti e cioè se avesse potuto tornare indietro, fare marcia indietro, avrebbe scelto ugualmente di restare o partire. Temevo che quegli occhi scuri come la terra mi incenerissero e invece mi fissò sgomento e con una punta di rimorso e malinconia ammise che avrebbe preferito rimanere in quanto al nord est non hanno ancora una adeguata cultura anti mafia pur essendo essa diversa sotto molteplici aspetti.

Un encomio ed un ringraziamento ad un uomo che si è esposto per il nostro paese a costo della sua stessa vita e che ha fatto ritorno in quella meravigliosa ma maledetta terra, ancora intrisa di sangue, per concludere il suo dovere e apportare un cambiamento concreto.