Le fiamme sono state spente dai vigili del fuoco e la situazione è ora sotto controllo nella tendopoli di San Ferdinando, una città ai margini del comune calabrese in cui i braccianti, impiegati per lo più nella raccolta degli agrumi, vivono in condizioni disumane. L’incendio è la risposta degli abitanti dell’accampamento all’ultima di una serie di violenze che ha reso la zona della Piana di Gioia Tauro famosa a livello internazionale per il degrado in cui vivono i lavoratori.
L’omicidio di Sacko Soumayla
Sabato sera, un ragazzo malese di 29 che abitava nella tendopoli di San Ferdinando, Sacko Soumayla, e due amici che vivevano con lui, tutti con regolare permesso di soggiorno, si trovavano in una fabbrica abbandonata da 10 anni per cercare delle lamiere. Mentre stavano trasportando il materiale un uomo è arrivato a bordo di una Panda bianca e, una volta sceso, ha cominciato a sparare. Il primo colpo ha colpito Soumayala alla testa, buttandolo a terra. Il cecchino, di cui non si è ancora accertata l’identità, non si è però fermato. Ha sparato altri tre colpi, uno dei quali ha colpito un altro dei ragazzi alla gamba, ferendolo leggermente. Trasportato in ospedale Soumayala è stato immediatamente operato, ma i medici non sono riusciti a salvarlo. L’indagine ufficiale, condotta dalla Procura di Vibo Valentia, sembrerebbe voler escludere la pista del movente razzista e concentrarsi su quella della vendetta per il furto delle lamiere.
Lo sciopero
Non la pensa così l’USB, l’Unione Sindacale di Base, che ha indetto uno sciopero generale dei braccianti per oggi 4 giugno, e che titola sulla propria pagina web: “È finita la pacchia, comincia il tiro al bersaglio!”, citando le frase di Matteo Salvini, pronunciata venerdì in Veneto mentre il nuovo ministro dell’interno, spogliatosi per un attimo dei panni istituzionali (appena indossati), era impegnato in un tour di comizi (tra poco ci sono le amministrative). L’USB accusa la Lega di creare un clima di tensione e razzismo che porta a coseguenze di questo tipo.
Sacko Soumayla era particolarmente noto a San Ferdinando proprio per la sua attività nell’USB ed era da tempo impegnato nella difesa dei diritti dei braccianti della zona.
Degrado e violenza non sono niente di nuovo nella Piana di Gioia Tauro
I tre ragazzi sorpresi dal cecchino in Panda stavano cercando delle lamiere per costruirsi una baracca in cui vivere. Sì, perchè l’accampamento, dove arrivano a vivere fino a 5.000 persone a seconda della stagione, e in cui non c’è acqua corrente, elettricità o servizi igienici, aveva preso in parte fuoco lo scorso 27 gennaio. Una ragazza, Becky Moses, aveva perso la vita nel rogo, e i sopravvissuti avevano cominciato a cercarsi materiali con cui ricostruire sulle ceneri. A ottobre del 2017 invece, San Ferdinando aveva fatto notizia per le aggressioni di ragazzi della zona che, sporgendosi dalle loro auto si divertivano a colpire con una mazza i migranti in bicicletta. Questo per citare solo gli episodi più recenti che sono arrivati alle prime pagine dei giornali nazionali.
Della situazione di degrado e delle violenze si era però parlato, e forse per la prima volta sui media di tutto il mondo, durante le violenze di Rosarno nel 2010, quando gli scontri tra i migranti e gli abitanti della zona avevano preso la forma della vera e propria guerriglia urbana.