Morta la moglie di Nelson Mandela: addio a Winnie Madikizela Mandela

Il decesso è arrivato dopo una lunga malattia, a causa della quale Winnie entrava e usciva dall’ospedale dall’inizio dell’anno

Questa mattina è morta la celebre moglie di Nelson Mandela, Winnie Madikizela Mandela, aveva 81 anni. Nel lungo articolo a lei dedicatole dal New York Times si parla della malattia contro cui la donna lottava da alcuni mesi. Il suo portavoce, Victor Dlamini, ha affermato che:

“Il decesso è arrivato dopo una lunga malattia, a causa della quale Winnie entrava e usciva dall’ospedale dall’inizio dell’anno”

Sembra che nel weekend la donna sia stata ricoverata per una banale influenza presso l’ospedale Netcare Milpark Hospital di Johannesburg, ma qualcosa è andato storto, e la malattia contro cui lottava ha preso il sopravvento, portando via una delle icone più influenti del mondo afroamericano nella lotta contro l’Apartheid e il razzismo.

Il Matrimonio con Nelson Mandela

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Un giorno del 1957, mentre Winnie aspettava ad una fermata dell’autobus, passò vicino a lei un ragazzo affascinante: era Nelson Mandela, che nella sua autobiografia scrisse:

“La prima volta che l’ho vista sono rimasto colpito dalla sua bellezza”

Mandela, all’epoca, aveva già 40 anni ed era padre di tre figli. Il suo primo matrimonio era ormai finito, così, quando riuscì a strappare un primo appuntamento a Winnie, subito le dichiarò che l’avrebbe sposata, ovviamente solo dopo il divorzio dalla prima moglie.

Winnie e Nelson Mandela si sposarono il 14 giugno 1958.

Sembrerebbe una favola da mille una notte, se non fosse che quell’idillio durò pochi anni: Winnie e Mandela dovettero fare i conti con la triste realtà. Il Sud Africa da circa metà degli anni ’50 viveva una delle fasi più oscure della sua storia, il regime razziale dell’Apartheid fu instaurato dopo la vittoria del Partito Nazionale nelle elezioni del 1948.

L’arresto di Mandela e la forza di Winnie

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Nelson Mandela nel 1964, insieme a molti compagni dell’ANC, fu condannato all’ergastolo con l’accusa di tradimento; proprio in quel momento il ruolo di Winnie divenne fondamentale nella lotta contro l’Aparthied. Mentre lo stato sudafricano cercava di ostracizzarla lei lottava con tutte le sue forze per riprendere la sua libertà.

Nel 1969, in una repressione, Winnie fu arrestata e detenuta per 17 mesi, 13 di questi rimase in isolamento. In carcere subì ogni genere di violenza: venne picchiata e torturata. Nella sua autobiografia, Winnie racconta come l’esperienza del carcere le cambiò la vita.

“Questa esperienza mi ha brutalizzato così tanto che da quel momento ho capito cosa significa odiare”.

Dopo la ribellione nella città segregata di Johannesburg a Soweto nel 1976, Winnie fu  nuovamente imprigionata senza processo, questa volta per 5 mesi. Da quel momento fu bandita in una desolata cittadina al di fuori della città bianca-conservatrice di Brandfort, nello Stato Libero di Orange.

Il Ritorno di Winnie e la lotta contro l’Apartheid

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Nel 1984 le manifestazioni dei giovani sudafricani neri sfidarono sempre più aggressivamente  le autorità: i disordini si diffusero, spargendo il terrore tra i governatori bianchi, che fiutarono nell’aria un “clima rivoluzionario”, dichiarando lo stato di emergenza.

Nel 1985 Winnie tornò a casa sua a Soweto, rompendo gli ordini che la confinavano a Brantford; da allora divenne un’icona contro lo segregazione razziale, e fu sempre più determinata ad assumere la guida di quella che divenne la fase decisiva e più violenta della lotta anti-Apartheid.

Winnie: una figura controversa

Nel 1991 Winnie fu condannata per aver ordinato il rapimento – nel 1988 – di quattro giovani bianchi a Soweto. Il corpo di uno di questi, un quattordicenne di nome James Moeketsi Seipei, fu trovato con la gola tagliata.

La guardia del corpo della signora Madikizela-Mandela fu condannata per omicidio, mentre Winnie venne condannata a sei anni per sequestro di persona; riuscì, però, ad avere uno sconto della pena: la più alta corte d’appello del Sudafrica le fece pagare una multa salata e ordinò la sua  sospensione dal partito per un anno.

Dopo quella condanna Il Fronte democratico unito, un gruppo  che combatteva l’apartheid legato all’ANC, la espulse. Nell’aprile del 1992, Nelson Mandela annunciò che lui e sua moglie si stavano separando.

Due anni dopo, Mandela fu eletto presidente e le offrì un lavoro minore come viceministro delle arti, della cultura, della scienza e della tecnologia. Ma a causa di numerose accuse, fra cui quelle di spaccio e abuso dei fondi governativi, fu costretta a lasciare l’ufficio.

Nel 1996, Mandela annunciò la fine del loro matrimonio durato 38 anni, testimoniando in tribunale che sua moglie aveva una relazione con un collega.