Biografia di Franco Zeffirelli
All’anagrafe Gianfranco Corsi Zeffirelli, nacque a Firenze il 12 febbraio 1923. Allevato da una coppia che chiamava zii, ma in realtà cugini del padre (che non lo riconobbe), il giovanissimo Zeffirelli ebbe come punto di riferimento Giorgio La Pira, suo istitutore e futuro padre della Costituente nonché sindaco di Firenze negli anni ’50.
Frequentò l’Istituto delle Belle Arti per poi debuttare a teatro grazie a Luchino Visconti. Zeffirelli aveva un bellissimo ricordo del regista e non esitava a raccontare il loro primo incontro:
Venne a Firenze con la sua compagnia, mettevano in scena La via del tabacco, andai a partecipare a dei provini come attore, ma Visconti mi scartò per il mio accento toscano. Fu incuriosito però da un rotolo di miei disegni che mi portavo sempre appresso, mi chiese di vederli e mi assunse come assistente scenografo perché lui non sapeva neppure tenere un pennello in mano”.
La prima italiana di Un tram che si chiama desiderio di Tennesee Williams fu il primo grande lavoro del maestro.
Fu proprio Visconti ad addentrarlo nel mondo del cinema partorendo due film: La terra trema e Senso. Nel ’57 debuttò come autore con la commedia giovanile Camping. Per gli anni Cinquanta e quasi tutti i Sessanta si dedicò completamente al teatro mettendo in scena La Cenerentola di Rossini e L’elisir d’amore di Donizzetti per La Scala, iniziando poi a lavorare all’estero al Covent Garden di Londra, al King’s Theater di Edimburgo.
Alla fine degli anni ’60 Zeffirelli si accreditò nel panorama cinematografico internazionale con due trasposizioni per il grande schermo di opere di Shakespeare: La bisbetica domata del 1967 con Elizabeth Taylor e Richard Burton, e Romeo e Giulietta (1968) con gli abiti di Danilo Donati e la fotografia di Peppino De Santis, premiati con l’Oscar.
Passiamo agli anni ’70-’80. Gli anni Settanta rappresentano un decennio importante per Zeffirelli, nel corso del quale emerse la sua spiritualità trasposta nel 1971 in Fratello sole, Sorella Luna dedicato alla figura di San Francesco e Santa Chiara, poi nel 1977 il kolossal tv su Gesù di Nazareth che venne poi programmato anche al cinema.
Negli anni Ottanta, invece, Franco diresse La Traviata e l’Otello, in cui utilizzò per la prima volta il flashback per raccontare la storia di Violetta trasformando in vera attrice di cinema la cantante greco-canadese Teresa Stratas accanto al tenore Placido Domingo nel ruolo di Alfredo.
In Zeffirelli era forte l’ascendente teatrale, soprattutto negli anni ’90, in cui realizzò Amleto, impersonato dalla stella australiana Mel Gibson e arrivò a Los Angeles con un montaggio di sue interpretazioni che gli suggerivano certe qualità che cercava per il personaggio.
Seguì Storia di una capinera con cui Zeffirelli ritrovò Verga che aveva scoperto grazie a Visconti sul set di La terra trema e poi Jane Eyre da Charlotte Bronte con la ventiquattrenne Charlotte Gainsbourg.
Non è mancata una sua autobiografia cinematografica, rinvenibile in Un tè con Mussolini, dove Zeffirelli mescolò ricordi personali, vicende inventate e qualche cenno storico della Firenze degli anni Trenta per un affresco visto dal punto di vista di un ragazzino alter ego del regista, figlio illegittimo come lui di un mercante di stoffe e allevato da un gruppo di signore inglesi (tra cui Joan Plowright, Judi Dench e Maggie Smith).
Nel 2001 Zeffirelli lavoro al Callas Forever interpretata da Fanny Ardant: un modo per rendere omaggio alla sua grande amica Maria Callas. “Era un talento: ogni cosa che toccava diventava meravigliosa, voleva solo la perfezione” la ricordava.
Anni dopo, però, aveva poi sentenziato: “Quel film è stato un errore dal punto di vista delle regole che governano il cinema commerciale. Non puoi evocare un personaggio straordinario senza mostrarlo nel momento più alto, io invece l’ho mostrata alla fine, quando non aveva più voce. Il pubblico voleva vedere Callas trionfare e non ha amato il film”.