Ieri, 25 maggio, ho visto una delle mostre più belle mai ospitate dalla Galleria Contemporanea MUDEC di Milano, Frida Khalo, oltre il mito.
La guida ci aspettava, presentazioni di rito, cuffie alle orecchie e siamo finalmente partite (casualmente eravamo un gruppo di sole donne), per un viaggio introspettivo nel mondo tormentato della messicana Frida Khalo.
ORGANIZZAZIONE DELLA MOSTRA
Il percorso guidato è caratterizzato da quattro macro sezioni, ognuna dettagliatamente spiegata attraverso quadri, fotografie, cimeli e manoscritti.
Iniziamo con la prima sezione, giustamente intitolata DONNA – WOMAN.
Frida è stata la prima artista donna a fare del proprio corpo un manifesto, a esporre la propria femminilità in maniera diretta, esplicita e a volte violenta, rivoluzionando il ruolo femminile della storia dell’arte.
La condizione della donna e del suo corpo diventa il cardine fondamentale dei suoi dipinti e autoritratti.
Il suo corpo martoriato dalla poliomielite prima e da un tremendo incidente poi, l’ha resa la donna determinata e forte che è sempre stata, nella sua frastagliata vita.
Le sue opere pongono l’accento sulla sofferenza e la fragilità di tutto il genere umano.
Il corpo di Frida Khalo è una scrittura, un insieme di segni che raccontano le paure, le ansie, i desideri inconsci di se e del genere umano in generale.
La sua tecnica di autoritratto, da modo di costruire una situazione neonatale tra il soggetto dipinto e chi osserva l’opera, in modo che sia accolto il linguaggio gestuale nel corpo.
L’obiettivo di Frida Khalo è di toccare la profondità dell’essere umano attraverso un dispositivo di sofferenza e privazione.
MOSTRA FRIDA KAHLO: SECONDA PARTE
Frida Khalo ha sempre amato la sua terra, il Messico, e per questo non l’ha mai tralasciata nelle sue opere.
La sua è una relazione osmotica con l’elemento organico, per non interrompere la sua naturale congiunzione con la Madre Terra, alla quale è per altro molto grata: mito e concretezza, immagine archetipa e fonte di sussistenza materiale di tutti gli Esseri.
La Terra, luogo che da vita, che trasforma e testimonia una vita intensa, la quale comporta rischi, ciò nonostante va vissuta fino in fondo.
Proseguiamo la nostra visita e ci catapultiamo nel mondo politico di Frida Kahlo tramite la sezione POLITICA – POLITICS.
Le opere di Frida Khalo sono il veicolo per raccontare la resistenza sociale e la sua filosofia d’opposizione.
La politica la fa vibrare, le da linfe vitali che tramuta in energia su tela.
Trasforma il suo corpo in manifesto della protesta e dell’opposizione, conteso tra giustizia e ingiustizia, corpo pieno di tensioni, che diventa espiatorio.
Il Messico postrivoluzionario si ripercuote su suo lavoro, riscontrato in immagini forti e a volte violente e crude.
E il male che percorre costantemente Frida Khalo, per quasi la sua intera vita, sfocia nell’ultima parte della mostra, denominata appunto DOLORE – PAIN.
La zona che più mi ha colpito, per la crudezza con cui ha immortalato il suo corpo martoriato dal dolore delle varie fratture e dei tre aborti (due subiti e uno autoindotto) di cui è stata vittima e carnefice.
La disperazione delle sue opere è palese. Le immagini sono violente, caratterizzate da un dolore viscerale e segnate da un malessere esistenziale.
L’artista aggredisce la sensibilità dell’osservatore attraverso immagini potenti, torturanti e a volte improvvise, arrivando ad avere un aspetto macabro e perverso, mettendo l’osservatore davanti alle sue stesse paure.
E l’osservatore entra in una dimensione di disagio, timore e orrore. Rileva come delle forze invisibili siano in grado di terrorizzare e provocare dolore e morte, producendo, a volte, anche nuove relazioni sociali.
TIRANDO LE SOMME
Una mostra che permette di fare un lungo viaggio nel mondo artistico e privato dell’artista messicana più discussa e conosciuta di tutti i tempi.
I pezzi unici presenti stregano e ammaliano anche i più scettici (se di scettici ce ne sono).