Uno degli omicidi, o meglio, dei femminicidi, che più hanno scosso l’opinione pubblica recentemente è quello di Elisa Pomarelli, giovane di 28 anni strangolata dal suo ex fidanzato. Il corpo della vittima è stato ritrovato solo 15 giorni dopo l’omicidio visto l’occultamento del cadavere da parte di Massimo Sebastiani, 45 anni. Attualmente per l’omicidio sono indagati lo stesso Sebastiani e Silvio Perazzi, padre di una ex fidanzata di Sebastiani per favoreggiamento: secondo gli inquirenti lo avrebbe aiutato a nascondersi nei giorni che sono intercorsi tra l’omicidio e il ritrovamento.
Tuttavia le polemiche non accennano a placarsi per due ragioni. Probabilmente, come paventato da alcune ipotesi, l’omicidio avrebbe un terribile sfondo omofobo. Un’amica di Elisa ha dichiarato che la vittima fosse in realtà lesbica: se la testimonianza sarà confermata, l’omicidio e le persecuzioni pregresse sarebbero inserite in un grave quadro di intolleranza.
La seconda ragione per cui si continua a parlare di quest’omicidio riguarda la mancanza di professionalità con cui i media hanno trattato e riportato i fatti. La partita, tranne alcuni clamorosi scivoloni, si gioca a livello semantico. Sotto accusa, come riporta il dettagliato reportage di Valigia Blu, il lessico utilizzato dai giornalisti nostrani per raccontare il barbaro strangolamento. “Raptus”, “Improvviso scatto d’ira”, “non accettava di essere rifiutato”: queste le parole con cui i principali organi di informazione hanno trattato della vicenda. Nella realtà dei fatti una stereotipizzazione troppo maldestra per un caso di cronaca così cruento.
“Il Gigante Buono”: il titolo de Il Giornale
A scatenare reazioni molto forti sui social è stata l’infelice titolazione de Il Giornale: “Il Gigante Buono e quell’amore non corrisposto”. Un vero e proprio spostamento di significato dalla vittima al carnefice. Ad essere posto al centro dell’attenzione con animo indulgente è proprio “il gigante buono”. Poco importa che la locuzione fosse utilizzata per definire l’attitudine dell’omicida prima del fatto, in un contesto così delicato i fraintendimenti sono dati quasi per scontato.
Altro elemento che ha fatto montare la protesta riguarda “l’amore non corrisposto”, altro stereotipo che sottintende un’attenuante. L’Eros fa perdere il controllo e se le conseguenze vanno oltre la classica scenata di gelosia, poco male. Questa è stata l’interpretazione più frequente.
La “filter bubble” in cui Sebastiani viveva è così raccontata dal medesimo articolo:
Ma a lei, a Elisa, Massimo aveva fatto vedere solo la sua faccia illuminata dal sole. Lei si era affezionata a quell’uomo con 18 anni più di lei, le mani come badili e il sorriso sempre pronto. Ne era nata una storia al confine dei sentimenti, dove era chiaro a tutti che lui era innamorato di lei, ma altrettanto chiaro che lei non ricambiava. Chiaro a tutti, tranne che a lui.
L’eccessiva tipizzazione dell’assassino è in effetti abbastanza inadeguata, quasi da pagina di cronaca rosa. La conclusione del pezzo, ad onor del vero, ammette timidamente che l’omicidio sia stato premeditato e non perpetrato d’impulso, ma il senso generale non può che restare equivoco.
A commentare il fatto anche Laura Boldrini su Twitter. L’ex presidente della Camera ha così scritto:
Uno che confessa di aver strangolato una donna e poi di aver tenuto il suo corpo nascosto in una buca per giorni me lo chiamate gigante buono? Ma che titoli fate, non vi vergognate?
Un altro utente poi scrive, sempre su Twitter:
Elisa Pomarelli è stata uccisa perché voleva terminare la sua frequentazione con un amico di cui si fidava. Il suo nome è Massimo Sebastiani. Quest’uomo non è un “orco”, non è un “mostro”. E nemmeno un “gigante buono”. Lui è un assassino.