L’Italia rischia d’incorrere in questa settimana verso la procedura d’infrazione. Lo ha ribadito il commissario europeo al Bilancio, Günther Oettinger, in una intervista al Rhenische Post: “Bisogna vedere se, in questi giorni, gli italiani soddisferanno le richieste della Commissione per quanto riguarda sia le entrate sia le uscite del progetto di bilancio per il 2020. Se non lo faranno, non avremo margini di manovra per evitare la procedura di infrazione”.
L’UE si auspica che il governo italiano adotti misure significative di austerità. Ottinger ha invitato il governo italiano a “pensarci tre volte prima di deludere le aspettative dell’Ue” in materia di conti pubblici, e ha rilevato altresì che “nel lungo periodo, un conflitto sempre più teso con l’Ue, potrebbe scuotere la fiducia degli investitori” nei confronti del Belpaese.
La Commissione Europea si sarebbe dovuta riunire martedì 2 luglio per decidere se sollecitare l’Ecofin ad avviare la procedura sul debito contro l’Italia. Tuttavia, secondo fonti comunitarie, il briefing è stato rinviato in vista della riunione di domani dei leader che non sono riusciti a trovare un accordo sulle nomine Ue. Intanto l’Ecofin si pronuncerà il prossimo 9 luglio sulla vicenda.
Di conseguenza, se la Commissione desse il proprio ok alla procedura, sarebbe per la prima volta per uno Stato membro.
Cos’è la procedura d’infrazione
In piena sintonia coi trattati dell’UE, la Commissione può avviare formalmente una procedura d’infrazione contro un paese comunitario che non attui il diritto dell’Unione europea e, de facto, deferire il caso alla Corte di giustizia che, dal canto suo, può imporre pesanti sanzioni pecuniarie.
Nel caso in esame, la procedura d’infrazione è disciplinata dall’articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea secondo cui i Paesi membri devono soddisfare due requisiti ben precisi, ovvero:
- il disavanzo di bilancio non deve superare il 3% del PIL (Prodotto Interno Lordo): l’Italia si aggira attorno al 2,5%;
- il debito pubblico non deve oltrepassare la soglia del 60% del PIL: l’Italia attualmente lo ha superato del 132%.
Le sanzioni
Se uno Stato membro non comunica in tempo utile le misure che attuano le disposizioni di una direttiva, allora la Commissione può chiedere alla Corte di imporre sanzioni. Nell’ipotesi in cui la Corte accolga la richiesta della Commissione e, quindi, ritiene che il Paese imputato abbia violato il diritto dell’Unione, le autorità nazionali devono adottare misure per conformarsi alle disposizioni della sentenza della Corte.
La decisione della Corte si traduce in tre tipologie di sanzioni previste dalla procedura di infrazione:
- Multa: viene calcolata in base all’importanza delle norme violate e agli effetti della violazione sugli interessi generali dell’Ue; può arrivare fino ad un importo massimo pari allo 0,5% del PIL;
- Congelamento dei fondi strutturali: trattasi di finanziamenti che l’Unione Europea dà agli Stati membri con lo scopo di favorire crescita economica e occupazionale degli Stati membri;
- Fine dei prestiti della BCE (Banca Centrale Europea) e l’uscita dal programma di acquisto di titolo di stato della stessa istituzione bancaria europea.
Cosa rischia l’Italia
Nel concreto, cosa rischia l’Italia? Entro il 2020 l’Italia potrebbe perdere 73 miliardi di euro da 5 fondi strutturali europei, quali: Fondo agricolo per lo sviluppo rurale, Fondo per lo sviluppo sociale, Fondo per la coesione, Fondo per lo sviluppo regionale quello per la pesca. A questa perdita poi si aggiungerebbe una multa che può arrivare fino allo 0,5% del Pil, nel caso dell’Italia dunque fino a 9 miliardi di euro.