Piaccia o meno ma i prossimi giorni saranno segnati dalla sfida tra il fronte del Si e quello del No per il Referendum Costituzionale del 4 dicembre prossimo. Inutile negare come il peso della consultazione elettorale sia eccessivamente gravoso. E se il fronte del No appare decisamente compatto, mentre il fronte del Si fa proseliti via via che ci si avvicina alle elezioni, anche i mercati azionari iniziano a valutare gli scenari possibili.
Secondo quanto riferito da Standard & Poor’s, una vittoria del No potrebbe avere implicazioni anche sulla stabilità dei mercati. Il ragionamento degli analisti, che negli ultimi tempi non le hanno proprio imbeccate tutte (e l’elezione di Trump ne è l’esempio lampante), sembrerebbe non fare una piega.
Proprio l’elezione del nuovo Presidente degli Stati Uniti imporrebbe all’Unione Europea una certa stabilità. L’esito della consultazione referendaria potrebbe però spianare la strada alle incertezze: l’Italia, in ogni caso, è uno dei paesi fondatori ma, soprattutto, è uno dei paesi con più alto debito. Uno di quei paesi, insomma, in cui una crisi politica non è di certo vista di buon occhio dai mercati valutari.
“L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno in Europa è una crisi politica in Italia. È possibile che i sondaggi, che hanno già sbagliato su Brexit ed elezione di Trump, possano sbagliare anche sull’esito del referendum.” Queste le parole di Jean Michel Six, managing director Chief economist di Standard & Poor’s Gobal Ratings che ha aggiunto: “La vittoria del No creerebbe un po’ di turbolenza sui mercati.”
Se turbolenza sarà, però, non dovrebbe avere effetti troppo negativi sullo spread. Rispetto al passato, infatti, l’Italia potrebbe contare su Mario Draghi e sulle politiche espansive della Banca Centrale Europea che potrebbe, tramite l’OMT, acquistare titoli italiani sul mercato secondario proteggendo di fatto il nostro paese dalle mire speculative internazionali.