Renzi vs Di Maio, a vincere il dibattito è il Movimento

In periodo di campagna elettorale è fondamentale ogni parola e ogni gesto. Lo sanno bene i leader politici che da settimane si sfidano indirettamente a colpi di interviste TV. La settimana scorsa è stata la volta di Renzi, per l’occasione sulla passerella offerta dal “competitor” pentastellato.

Ieri, invece, è stato il turno di Di Maio stesso ospite in prima serata a Che Tempo Che Fa. È difficile immaginare che le due interviste singole siano da considerarsi un confronto o un “botta e risposta”. Ma se così fosse, chi ne è uscito vincitore? Di Maio, naturalmente, e la sua ben riuscita empatia.

Renzi vs Di Maio, non solo parole

A prescindere dai concetti espressi, largamente prevedibili, ciò che ha datto la differenza tra i due candidati è stata la capacità di relazione. Qualità che Matteo Renzi ha da tempo perso. Da Floris non c’era alcuna ombra di dialogo o di rilassamento: il segretario del PD era visibilmente teso e scuro in volto.

I pochi momenti di divagazione sono stati relegati a una barzelletta da tweet (tra l’altro subito presa di mira dal suo sfidante). Di Maio invece è andato in televisione con animo diverso. Il leader del M5S si è saputo destreggiare meglio tra domande insidiose (complice la poca incisività di Fazio) non lasciando trapelare un filo di emozione. Ben misurati i tempi di reazione e risposta.

La verità, in poche parole, è che Renzi non aveva come interlocutore l’elettorato, bensì gli ambienti interni al suo partito. L’ex premier era ben cosciente di star parlando ad ambienti governativi e non. La trasmissione televisiva di Floris è stata un’aula di tribunale dove il segretario dem era tenuto a difendersi.

Faccia a faccia, senza avvocati. La costante enumerazione di dati e risultati conseguiti; la filippica sul numero di militanti che lo hanno incoronato segretario. Faceva tutto capo alla direzione PD.

Di Maio, nel duello conta anche la precisione

Parlando a milioni di telespettatori, però, è anche necessario essere precisi e concreti. Prevedibilmente la partita retorica è stata vinta dal fiorentino. Immenso autogol del politico napoletano è stato paragonarsi (in qualche senso) al giovane premier austriaco Sebastian Kurz con posizioni molto a destra. Nonappena Fazio fa notare la gaffe a Di Maio, il discorso cambia subito direzione.

 

Senza parlare di quello Macroniano, ca va sans dire. Altre imprecisioni sul tema delicato dello Ius Soli: il regime attuale non è detto di ius soli temperato; la divagazione sul tema, poi, non depone a favore.

Trapelava, in ultimo, anche un certo imbarazzo a parlare di Referendum sull’Euro come “extrema ratio” in un’ipotetica trattativa con l’UE. Frutto della poca organicità del programma pentastellato, ma comunque argomento dibattuto a priori.

Scritto da Matteo Squillante

Napoletano di nascita, attualmente vivo a Roma. Giornalista pubblicista, mi definisco idealista e sognatore studente di Storia presso l'Università di Roma Tor Vergata. Osservatore silenzioso e spesso pedante della società attuale. Scrivo di ciò che mi interessa: principalmente politica, cinema e temi sociali.