In tema di riforma pensioni, il Governo rende noto che per quanto riguarda le attività usuranti bisognerà attendere il prossimo 1 maggio 2017, quando un decreto del Consiglio dei Ministri parlerà della questione dell’Ape agevolata e Quota 41 per i lavoratori precoci.
La legge di bilancio per il 2017 reca, infatti, due benefici previdenziali per i lavoratori dipendenti che svolgono attività lavorative indicate negli allegati C ed E annessi alla legge 232/2016 che svolgono, al momento del pensionamento, attività lavorative per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo.
I lavoratori precoci potranno quindi chiedere dal 1 maggio 2017 l’Ape sociale, se risultano in possesso di almeno 63 anni a condizione di possedere almeno 36 anni di contributi, oppure se più favorevole, ove si possono vantare almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età. Va ricordato che l’Ape sociale non sarà una vera e propria pensione ma un reddito ponte erogato dallo Stato, che viene versato fino al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento e poi il lavoratore dovrà restituire. Con l’Ape sociale il tetto massimo lordo erogabile al lavoratore è di 1500 euro lordi al mese.
Le categorie dei lavoratori precoci sono: operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia, conduttori di gru o di macchinari mobili, conciatori di pelli e pellicce, conduttori di convogli ferroviari e personale addetto, conduttori di mezzi pesanti e camion, personale di professioni sanitarie ed ostetriche, insegnati di scuola dell’infanzia e maestri di asilo nido, facchini vari, personale addetto al servizio di pulizia e infine operatori ecologici.
Secondo le rappresentanze sindacali la questione riguarda soprattutto gli edili. La Fillea Cgil chiede su questo fronte che venga ripreso in Parlamento il percorso avviato a fine anno, partendo proprio dall’ordine del giorno approvato a larghissima maggioranza alla Camera dal presidente della Commissione Lavoro (il documento impegna a chiarire che i sei anni di lavoro non siano consecutivi) e dagli emendamenti presentati trasversalmente al Senato da Pd, Forza Italia e Ncd finalizzati anche a ridurre i 36 anni contributivi.