La richiesta del Ministero della Salute di utilizzare i sacchetti portati da casa per l’acquisto di prodotti sfusi nei supermercati è stata ascoltata.
Il 21 marzo 2018, nell’adunanza del Consiglio di Stato, è stato dato il via libera all’utilizzo di sacchetti portati direttamente da casa.
Sacchetti Biodegradabili, cosa è cambiato?
Dall’inizio del 2018 era obbligo utilizzare solo e unicamente i sacchetti biodegradabili venduti nei supermercati o, per gentile concessione di alcuni commercianti, regalati negli stessi punti vendita.
Non si trattava di cifre che gravavano sul conto economico famigliare (dai 4 ai 12 euro per famiglia in un anno) ma era diventata, per lo più, una questione di principio.
Finalmente c’è stato un dietrofront che ha stabilito la possibilità di utilizzare sacchetti biodegradabili o bioshopper personali, purché siano idonee a preservare l’integrità della merce e devono avere le caratteristiche di legge.
Il decreto interministeriale del mese di marzo 2013, firmato dai ministri Passera e Clini e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, dichiara che i sacchetti per l’asporto di merci devono essere monouso biodegradabile e compostabile, conformi alla norma armonizzata Uni En 13432 del 2002, e quindi riutilizzabili in carta, in tessuti di fibre naturali, fibre di poliammide e materiali diversi dai polomeri.
Come succede da qualche tempo nelle vicine Austria, Svizzera e Germania, chi fa la spesa, può far uso di retine riutilizzabili.
Cosa dovranno fare i commercianti?
Il commerciante avrà il ruolo di controllare l’integrità e la regolarità del sacchetto biodegradabile portato da casa, e potrà impedire al consumatore di utilizzarlo se non conforme.
Dai commercianti stessi scatta la polemica. Si sentono controllori di un aspetto del commercio che pare non competere a loro. Si sentono obbligati a fare un lavoro straordinario, rispetto già al loro ordinario.
Di certo, il fatto di utilizzare propri sacchetti, ridurrà lo spreco di plastica e rifiuti a vantaggio della tutela dell’ambiente.