Storia e origini del polpettone, un piatto per tutti i gusti

Una delle pietanze più semplici da preparare, il polpettone è forse anche una delle più versatili. Per realizzarlo infatti si possono usare moltissimi ingredienti, come diversi tipi di carne e di verdure, abbinati a spezie, erbe aromatiche e profumati aromi, nonché a salse e sughi prelibati.

Tipica preparazione casalinga, perfetto anche per riciclare gli avanzi del giorno prima con gusto e fantasia, il polpettone viene in genere servito come secondo piatto o come piatto unico, a seconda della presentazione e dell’occasione.

Anche se sicuramente non assaggerete mai un polpettone buono e morbido come quello che faceva la vostra nonna, ci sono moltissime ricette di polpettone di carne che potete sperimentare, per mettere alla prova il vostro estro culinario e servire un piatto semplice e delizioso.

Prima di allacciarvi il grembiule da cucina e mettervi al lavoro, vi invitiamo a scoprire la storia di questa portata e del suo simpatico nome, e a scoprire qualche consiglio per un risultato impeccabile.

Dalla polpetta al polpettone: l’origine del nome

Se amate le polpette, di certo amerete anche il polpettone, che altro non è che una versione “espansa” delle polpette. In genere ha una forma allungata e grosso modo cilindrica, e viene servito tagliato a fette, sia come secondo piatto, sia come piatto unico.

Anche il nome stesso polpettone può essere considerato un accrescitivo del nome polpetta, la cui origine è discussa: secondo alcuni deriva da paupière, ossia palpebra, perché la sua preparazione ricorderebbe le palpebre che si chiudono per proteggere le pupille degli occhi, mentre per l’ipotesi più accredita polpetta farebbe riferimento alla piccola quantità di polpa, in genere di vitello, utilizzata per la preparazione di questi ottimi manicaretti.

Prelibatezze all’italiana

Quel che è certo è che il termine polpetta compare per la prima volta in un ricettario italiano della metà del Quattrocento, scritto da Mastro Martino, che in questo modo sancisce la paternità italiana di questa preparazione.

C’è da dire che nel tardo medioevo, stando alle ricette di questo abile cuoco, le polpette venivano preparate in un modo diverso rispetto a come si preparano oggi: anziché sminuzzare la carne e mescolarla con altri ingredienti gustosi, Mastro Martino dice infatti di battere bene le fettine di vitello con il coltello, togliendo i nervi e appiattendole, e poi di farcirle e ripiegarle su sé stesse, prima di arrostirle allo spiedo. Più simili ai nostri involtini che alle nostre polpette, non è vero?

Già a partire dalla seconda metà del Cinquecento le polpette, in diverse varianti sempre più elaborate, cominciano a diventare le piccole protagoniste di altri ricettari, talvolta citate insieme ai primi “polpettoni”.

Bisognerà aspettare però un altro secolo affinché le polpette diventino più simili a quelle che prepariamo oggi: alla metà del Seicento Vincenzo Tanara introduce la pratica di tritare la carne per preparare le polpette, da lui chiamate le regine delle vivande, tuttavia poi propone di stendere la massa plasmabile ottenuta, farcirla e tagliarla nuovamente a fette da arrotolare, mentre Antonio Latini nel suo ricettario indica di bollire e arrostire la carne di vitello, per poi tritarla finemente per creare delle palle di carne trita di forma allungata e grandi dimensioni, simili ai nostri polpettoni.

Polpette di ieri, polpette di oggi: abbinamenti audaci

Tra la metà del Seicento e il Settecento, nella preparazione di polpette e polpettoni, si sancisce quindi il trionfo della base di carne trita, nota nelle ricette con il nome di “piccatiglio”, e i cuochi cominciano a sperimentare diversi tipologie di impasti e di ingredienti per aromatizzarla e insaporirla.

Mentre nel Cinquecento, seguendo la moda del tempo, si preferiva marinare le fette di carne in una mistura di aceto e pepe, per poi farcirle con un mix di erbe aromatiche, usando i tuorli d’uovo sbattuti come legante, a partire dal Seicento si riscontrano due nuove tendenze: alcuni, seguendo lo stile della cucina napoletana, scelgono di impastare la carne con ingredienti dolci ed edulcorati come l’uva passa, i pinoli, le scorze di zucca candite, la polvere di Pan di Spagna e addirittura la pasta di marzapane, mentre altri preferiscono un impasto più profumato e piccantino.

Secondo i ricettari più famosi, nella preparazione delle polpette e dei polpettoni si potevano usare: parmigiano grattugiato, ricotta, cipolla, scalogno, aglio, erbe aromatiche come prezzemolo, maggiorana e finocchio, ma anche le uova per legare e soprattutto la mollica di pane, in genere bagnata o inzuppata nell’agresto, la cui quantità aumenta sempre di più nel corso del tempo, fino ad andare ad eguagliare quella della carne trita.

Noterete che anche oggi per la preparazione del polpettone si utilizzano più o meno gli stessi ingredienti, per andare ad insaporire la carne e renderla profumata e gustosa.

Infine, per quanto riguarda la cottura, mentre inizialmente si prediligeva una cottura allo spiedo, nel corso del tempo si propongono delle varianti di metodo: da chi le cuoce in un tegame assieme al sugo d’arancia, a chi preferisce friggerle nel burro o nell’olio bollente dopo averle infarinate, fino ad arrivare alla cottura in forno, che anche oggi è quella più utilizzata per ottenere un polpettone morbido e gustoso.