Strage di via D’Amelio: il ricordo a 25 anni, le frasi celebri di Paolo Borsellino

Oggi ricorre il venticinquesimo anniversario dalla Strage di via D’Amelio, uno degli attentati di mafia più dolorosi della storia recente del nostro Paese, in cui persero la vita il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Palermo e l’Italia intera ricordano con commozione quel 19 luglio 1992, con una serie di eventi e manifestazioni a tema.

Bisogna partire da molto lontano per capire cosa c’è realmente dietro questa azione terroristica, in qualche modo strettamente legata alla Strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio dello stesso anno, dove tra le vittime figurava Giovanni Falcone, anche lui impegnato in prima linea nella lotta contro l’organizzazione criminale. Ad innescare questa serie di macabri attentati terroristici di stampo mafioso, iniziati nel ’79 con l’assassino del giudice Rocco Chinnici, la creazione del pool antimafia volto ad individuare e contrastare gli esponenti della criminalità organizzata collusi e corrotti. Fondamentale fù l’arresto in Brasile del latitante Tommaso Buscetta, che rinnegò la sua appartenenza a Cosa Nostra e collaborò con la magistratura, fornendo agli inquirenti preziose rivelazioni. Da queste indagini partì il 10 febbraio 1986 il Maxiprocesso di Palermo che, con più di quattrocentocinquanta imputati e condanne come diciannove ergastoli, è considerato uno dei più grandi processi penali mai realizzati nel mondo.

LE FRASI CELEBRI DI PAOLO BORSELLINO

  • “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”;
  • “È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”;
  • “Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”;
  • “La paura è normale che ci sia, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, sennò diventa un ostacolo che ti impedisce di andare avanti”.
  • “La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”;
  • Io accetto, ho sempre accettato più che il rischio le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e, vorrei dire, anche di come lo faccio. Lo accetto perché ho scelto, ad un certo punto della mia vita, di farlo e potrei dire che sapevo fin dall’inizio che dovevo correre questi pericoli. La sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi, come viene ritenuto, in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me. E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare dalla sensazione che  tutto questo può costarci caro”;
  • “Giovanni, ho preparato il discorso da tenere in chiesa dopo la tua morte: Ci sono tante teste di minchia: teste di minchia che sognano di svuotare il Mediterraneo con un secchiello… quelle che sognano di sciogliere i ghiacciai del Polo con un fiammifero… ma oggi signori e signore davanti a voi, in questa bara di mogano costosissima, c’è il più testa di minchia di tutti… Uno che aveva sognato niente di meno di sconfiggere la mafia applicando la legge”;
  • “I giudici continueranno a lavorare e a sovraesporsi, i politici appariranno ai funerali proclamando unità di intenti per risolvere questo problema e dopo pochi mesi saremo sempre punto e daccapo”.

Scritto da Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica e spettatore interessato di tutto ciò che è intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.