Il nuovo film di Paolo Genovese è composto da un cast corale di tutto rispetto e strutturato secondo un intreccio tipicamente teatrale. Sulla scia di grandi capolavori come “La finestra sul cortile” di Alfred Hitchcock e “La parola ai giurati” di Sidney Lumet, il regista italiano continua ad impostare la sceneggiatura dei suoi film all’ interno di una stanza sola. Dopo il fortunato “Perfetti sconosciuti”(2016) anche l’ultimo lavoro di Genovese mantiene la stessa caratteristica.
Questa volta però, al centro dell’attenzione non ci sono scappatelle extra-coniugali o sbirciate sul telefono del partner, bensì un susseguirsi di personaggi al cospetto di un misterioso protagonista senza nome interpretato degnamente da Valerio Mastandrea.
Mastandrea, seduto al tavolo di un caffè qualunque, ascolta a turno le proposte e i pensieri delle persone che gli si presentano, offrendo loro, dopo aver consultato una grande agenda nera, soluzioni più o meno discutibili per poter ottenere ciò che più desiderano.
In questa passerella continua di attori Italiani (Marco Giallini, Vittoria Puccini, Alba Rohrwacher, Sabrina Ferilli, Silvio Muccino, Alessandro Borghi) svetta per interpretazione Rocco Papaleo, in grado come sempre di saper alternare comicità e drammaticità in perfetto equilibrio.
Dopo 1 ora e 45 minuti di tensione più o meno fervida, il film si conclude senza colpi di scena e i ruoli dei personaggi si intrecciano senza scontrarsi più di tanto. Ottima l’ambientazione e l’energia noir, resa più che altro dalla tipica malinconia di Mastandrea, validi anche i dialoghi e i tempi narrativi. Peccato per il finale inconcludente e non all’altezza del groviglio narrativo creato durante la parte centrale del film. Il Film è dichiaratamente ispirato all serie tv “The booth at the end” in onda su Netflix.