Tony Maiello: “Vi svelo il mio funky”, l’intervista

Finalista della prima storica edizione italiana di “X-Factor”, vincitore tra le nuove proposte della 60esima edizione del Festival di Sanremo, autore per diversi protagonisti della musica leggera italiana, questo e molto altro ancora è Tony Maiello, che nel corso della sua giovane esistenza è stato in grado di reinventarsi più volte, spinto sempre dalla sua grande passione per il canto. Lo abbiamo incontrato per voi in occasione dell’uscita del suo nuovo singolo “Il mio funky”, in radio dal 23 giugno.

Ciao Tony, partiamo dal tuo nuovo singolo “Il mio funky”, cosa hai voluto esprimere con questa canzone?
“E’ un pezzo che vuol far divertire e sorridere. Credo che ognuno di noi abbia un po’ il suo di funky, inteso come approccio al corteggiamento, visto che la canzone parla di questa fase molto romantica che rappresenta l’inizio di una storia. L’estate richiama leggerezza, per questo motivo nel video mi sono divertito anche ballando, o meglio accennando qualche passo”.

Come mai, secondo te, il funky in Italia è un genere poco importato? Nonostante il grande riscontro che dagli anni ’50 riscuote nel mondo e che unisce nei decenni artisti come James Brown e Bruno Mars…
“Forse perché con questo genere la banalità è dietro l’angolo, perché rischi di non risultare credibile a livello discografico. In Italia c’è molto pregiudizio, rispetto ad altri paesi i testi sono letti e curati con attenzione, siamo un Paese di critici. In più, cantando in falsetto, essere associato ai Cugini di Campagna è un attimo… con tutto il rispetto per i Cugini di Campagna, ma si rischia di essere etichettati come ‘vecchi’, perché si considera quel periodo superato e si cerca sempre di fare cose nuove con un linguaggio nuovo, mentre nel resto del mondo si ha il coraggio di continuare a rileggere questo genere di musica, ovviamente in chiave moderna, con risultati devo dire sorprendenti”.

Nei giorni scorsi hai partecipato con questo pezzo al Wind Summer Festival, che vedremo in tv il prossimo. Com’è andata questa esperienza?
“Da un certo punto di vista è andata benissimo, perché credo di aver fatto una bella performance, sono contento della mia esibizione e mi sono molto divertito. Certo, passare in finale mi avrebbe permesso un secondo passaggio televisivo su Canale 5, che oggi come oggi non guasta, ma se consideriamo che i primi tre posti sono stati assegnati ad artisti provenienti dalle multinazionali, si capisce bene il tipo di scelta che è stata fatta. Io insieme ad Amara e LowLow facciamo parte di tre etichette indipendenti, senza aprire nessuna polemica, ma è andata così, lo accetto e vado avanti”.

Fà un certo effetto rivederti ancora una volta tra i giovani, nonostante il curriculum il tempo sembra per te essersi fermato. Ci sveli qual è il tuo elisir di vita eterna? 
“Da una parte mi fa piacere essere considerato un eterno giovane, dall’altra parte se faccio due calcoli non mi sento un emergente, perché sono quasi arrivato a dieci anni di carriera, in cui sono stato un finalista di X-Factor, ho vinto un Festival di Sanremo tra le Nuove Proposte e ho scritto per artisti di tutto rispetto. Devo dirti, però, che con molta umiltà mi sono sempre rimesso in gioco, non ho mai avuto paura di rimettermi in discussione, mi sono tirato su le maniche e sono ripartito più di una volta da zero. Ben venga restare in questo limbo, l’importante è che il messaggio che mi sono prefissato di dare arrivi alla gente”.

Credi che il tuo nuovo album, in arrivo in autunno, possa in qualche modo rappresentare per te la definitiva prova di maturità artistica?
“Questo non lo so, non dipende da me, sicuramente mi sto preparando per bene come hanno appena fatto i maturandi. Sicuramente, a distanza di sette anni dal disco precedente, c’è un bel cambiamento sotto tutti i punti di vista, dal linguaggio al sound. Artisticamente parlando, ho sicuramente attraversato molte più vite di quelle che ho realmente vissuto. In questo disco racconto anche i miei momenti difficili, di quando mi sono ritrovato a fare il broker assicurativo o i muffin per i bar per tirare a fine mese, tutte esperienze che mi hanno comunque arricchito e portato a questa maturità, se non artistica almeno personale. Ecco, lo definirei davvero il disco della mia maturità, che segna sicuramente il mio cambiamento”.

Facciamo un salto indietro nel tempo, ma non di molto essendo giovanissimo. Quando e come è nata la tua passione per la musica?
“Negli occhi ho ancora le immagini di quando ero bambino, di quando mia mamma nello stereo metteva le canzoni di Pino Daniele e Biagio Antonacci mentre svolgeva le faccende domestiche, mentre nell’altra stanza c’era mio padre ascoltava la black music, da Brian McKnight ai Boyz II Men, passando per il grandissimo Michael Jackson. Così ho cominciato ad appassionarmi a questo genere, seguendo e studiando questi artisti, fino quasi ad imitarli. Ricordo che facevo finta di fare la radio, mi registravo con le cassette, conducevo e mi autopresentavo, facevo tutto io, era la mia ‘Radio Tony’. Poi sono arrivate le serate al karaoke con gli amici e qualcosa di decisamente più serio”.

Infatti, da ‘Radio Tony’ sei passato nel 2008 al palco di ‘X-Factor’…
“Guarda, non vedevo l’ora di compiere diciotto anni, ma non per la patente o la macchina, ma per andare a fare i casting! Infatti, dopo la maggiore età ho provato prima l’esperienza dei provini di ‘Amici’, che ahimè non sono andati bene, e poi a distanza di pochi mesi è arrivato ‘X-Factor’, che mi ha cambiato la vita. Sicuramente fortuna, ma anche tanta tanta passione che mi ha sempre spinto a dare il massimo e a credere in quello che faccio”.

Vincere la categoria giovani a Sanremo significa anche non poter rientrare in gara se non nei Big. Questo negli anni successivi, sinceramente, ti ha pesato o penalizzato?
“Beh si, anche se poi è sempre a discrezione di chi organizza quell’edizione e l’anno successivo. Io ho fatto Sanremo con Antonella Clerici e l’anno dopo c’è stato Gianni Morandi, anche se la direzione artistica era sempre di Gianmarco Mazzi, e non c’è stata continuità. So di non essere stato l’unico, come me anche altri colleghi hanno avuto nel tempo lo stesso ‘problema’, in questo ho molto apprezzato le ultime scelte di Carlo Conti che ha valorizzato e dato una seconda chance a emergenti come Francesco Gabbani ed Ermal Meta, che hanno dimostrato al secondo anno consecutivo di essere davvero dei big, ma non sempre viene data questa possibilità, purtroppo. Se vincere Sanremo Giovani ti preclude un’eventuale partecipazione nella stessa categoria, a questo punto era meglio se quell’anno arrivavo secondo e vinceva la bravissima Nina Zilli. Meglio andarci due volte che una sola, vincerlo ed essere in qualche modo penalizzato invece che avvantaggiato. Poi ho beccato l’ultimo Sanremo dove non c’era ancora l’Eurovision Song Contest, mentre l’anno seguente il vincitore dei giovani Raphael Gualazzi ha preso parte a questa ulteriore e autorevole vetrina, insomma… un po’ di sfortuna l’ho avuta anche io. Ma ci rido su e oggi mi diverte, soprattutto adesso che ho raggiunto la mia identità e una sorta di equilibrio”. 

Ma nella vita Tony le cose cambiano, se è destino una cosa succede, così alcuni anni dopo il successo è tornato in una veste diversa, quella di autore, con Laura che canta la tua “200 note” e ti porta metaforicamente con sé in giro per il mondo mondo nel suo album “Simili”. Raccontaci questa bella storia
“E’ una storia assurda. Le cose con la musica non andavano e stavo seriamente valutando l’ipotesi di tornarmene a casa nella mia Castellammare. Ero amareggiato, venivo da sei anni di porte in faccia, mi sentivo come in prigione nel posto sbagliato, così mi sono licenziato dall’attività di broker assicurativo e avevo preso la decisione di mollare tutto. Prima di andare via ho fatto un ultimo tentativo, mettendomi in contatto con alcuni addetti ai lavori che, secondo me, avrebbero potuto darmi una mano. Le ho provate davvero tutte, ho persino scavalcato il cancello di una multinazionale e mi hanno buttato fuori, fino a quando ho trovato una persona che, quasi per pietà, mi ha ascoltato. All’epoca mi ero presentato come cantante, ma molto onestamente lui mi ha fatto notare che erano passati degli anni da Sanremo e che prima avrei dovuto riacquistare una certa credibilità per pensare a mie produzioni. Per questa ragione ho deciso di mandare in giro alcune mie canzoni proponendomi come autore, arrivando in questo modo a Laura. A lei ho proposto quella che era la canzone più importante che avevo in mano quel momento, giocandomi il tutto per tutto. Ricordo che era il giorno di Pasqua di due anni fa, quando mi hanno chiamato e mi hanno annunciato che lei avrebbe interpretato ‘200 note’, per me una resurrezione in tutti i sensi. A Laura Pausini devo tutte le cose belle che sono arrivate successivamente, dalla collaborazione con Francesco Renga all’ultimo singolo con Giorgia. Il fatto di essermi rimesso in discussione, di provarle davvero tutte, mi ha portato a quello che sono diventato oggi”.

Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, quale messaggio vorresti che il pubblico recepisse oggi dalla tua musica? “Quello che da sempre porto avanti: la verità e la trasparenza, tutto quello che mi spinge a scrivere di me, per me o per altri. Un messaggio positivo che può, magari, essere anche un stimolo per chi mi ascolta, per chi sta affrontando un momento difficile e ha solo bisogno di ascoltare le stesse cose che vuol sentirsi dire, ma viste da una prospettiva diversa”.

Scritto da Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica e spettatore interessato di tutto ciò che è intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.