Trump vuole la pena di morte per gli spacciatori

Lunedì Donald Trump ha ufficialmente proposto l’introduzione della pena di morte per alcuni reati di spaccio nel tentativo combattere con il pugno di ferro l’aumento esponenziale delle morti per overdose negli USA

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Rivolgendosi al pubblico durante un discorso a Manchester, New Hampshire, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato di voler introdurre la pena di morte per i grandi spacciatori. La dichiarazione ha sollevando un’ondata di critiche da parte degli esperti del settore e dalle organizzazioni per la lotta alle dipendenze, e rinforzato l’immagine di un’amministrazione che aspira a una gestione a tolleranza zero sulla criminalità interna.

L’annuncio di lunedì intende mandare un messaggio a chi si occupa di perseguire lo smercio di stupefacenti, auspicando un approccio più duro nella somministrazione delle pene, ma non rappresenta per il momento una concreta proposta di introdurre a livello federale leggi che consentano la punizione dei reati di spaccio con la pena capitale.

I crimini di droga in alcuni stati possono già essere perseguiti come omicidio

In alcuni stati degli Stati Uniti chi commercia droga può già essere condannato per omicidio se il cliente muore per overdose. In Florida per esempio, chi fornisce eroina, cocaina o fentanyl a una persona che muore a causa del consumo della sostanza, può essere condannato per omicidio di primo grado rischiando quindi l’ergastolo.

La maggior durezza nella persecuzione di questo tipo di crimini non ha però portato per il momento alla diminuzione dei casi di decesso per droga o dei crimini legati al consumo in questi stati. Giuristi americani hanno inoltre già sollevato dubbi sull’effettiva costituzionalità di un provvedimento simile.

Il muro ferma-droga

L’emergenza oppioidi negli Stati Uniti e l’immigrazione (in particolar modo quella dal Messico), così come l’esistenza delle così dette città santuario, sono per Trump due fenomeni strettamente correlati. Il tema, largamente discusso anche durante la convention di lunedÌ, non è nuovo alla retorica trumpiana.

La costruzione del controverso muro lungo il confine con il vicino a sud degli USA dovrebbe, nelle intenzioni del presidente, rappresentare una misura decisiva per diminuire la circolazione di sostanze stupefacenti negli Stati Uniti.

In una telefonata tenutasi in agosto con il presidente messicano Peña Nieto, Trump faceva particolare riferimento al New Hempshire, definendolo uno stato “infestato dalla droga”, un commento che ha causato l’ira di democratici, repubblicani, locali. Un po’ di tutti.

Da dove viene la crisi degli oppioidi negli Stati Uniti

La scelta di tornare proprio nello New Hempshire per annunciare la lotta allo spaccio non è stata casuale: lo stato nel nord est degli Stati Uniti è uno dei più colpiti dalla “crisi degli oppioidi” esplosa negli Stati Uniti a partire dalla fine degli anni 90. Secondo i dati dei Centers for Disease Control and Prevention le morti per overdose da oppiacei nel 2016 sono state 42.000, il massimo storico dall’inizio del conteggio.

E il dato sorprendente, oltre alla quantità, è che la maggior parte delle morti sono causate da antidolorifici in parte acquistabili legalmente sotto prescrizione medica. La diffusione di questi farmaci ebbe inizio negli anni 90 quando il settore farmaceutico americano cominciò a produrre e pubblicizzare farmaci a base di oppioidi come generici rimedi per combattere il dolore, farmaci in realtà per certi versi simili alla morfina e ad alto rischio di creare dipendenza nel paziente.

In particolare il farmaco OxyContin ebbe un enorme successo sul mercato, con relative enormi conseguenze.  Il successivo tentativo di limitarne la distribuzione è coinciso con un aumento del consumo di eroina e fentanyl che ha coinvolto tutte le regioni, le età e le classi sociali.

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