Sono tante le canzoni di Natale che si imparano sin dalle scuole materne nel nostro paese, ma la più popolare per ogni italiano è quasi certamente “Tu scendi dalle stelle”. È una canzone così famosa e amata che praticamente nessuno, indipendentemente dalla religione o dalla religiosità, può non conoscerla – almeno la sua melodia e le sue prime parole. Tuttavia, non molti di noi hanno familiarità con la sua storia e ancora meno conoscono la bellezza e la poesia dei suoi testi.
Nonostante sia una canzone così popolare, le sue origini non sono propriamente “popolari”. Ha una paternità definita e una datazione precisa: fu scritta nel 1754 da Alfonsus Maria de ‘Liguori, che sarebbe stato proclamato santo dalla Chiesa cattolica romana e, successivamente, dottore della Chiesa.
Tu Scendi Dalle Stelle, le origini e la storia
Quando si pensa ai dottori della Chiesa la prima immagine che viene in mente è quella di teologi dall’aspetto piuttosto severo: eppure, questa canzone è un capolavoro di poesia, creatività, preghiera e persino senso dell’umorismo. Infatti, “Tu scendi dalle stelle” è il titolo italiano di una canzone originariamente scritta in dialetto napoletano. Sant’Alfonso scrisse questo lunghissimo poema in napoletano: scegliendo la lingua del popolo, voleva parlare alla gente semplice, simile ai pastori di Betlemme, ma, allo stesso tempo, aveva a sua disposizione una lingua affascinante, con cui è stato in grado di esprimere le verità religiose e la bellezza letteraria in modo estremamente toccante.
I testi narrano la famosa storia della nascita di Cristo, ma con tocchi di immagini creative, dettagli esilaranti e momenti profondamente spirituali. “Quando il bambino è nato a Betlemme“, inizia, “era notte, e tuttavia sembrava mezzogiorno“. Il paragone della nascita di Cristo a una luce che brilla nelle tenebre è un riferimento biblico, che allude all’inizio del Vangelo di San Giovanni. La natura, per sant’Alfonso, era meravigliata e stupita dalla nascita del Salvatore: gli uccelli, scrive, cantavano “in un modo completamente nuovo“, ma “anche i grilli, cinguettando, saltellavano avanti e indietro, dicendo: nasce, Colui che ci ha creato ”.
Tu scendi dalle stelle, o Re del cielo, e vieni in una grotta al freddo e al gelo.
O Bambino mio divino, io ti vedo qui tremar, o Dio beato! Ah quanto ti costò l’avermi amato!
A te, che sei del mondo il Creatore, mancano panni e fuoco, o mio Signore.
Caro eletto pargoletto, quanto questa povertà più m’innamora, giacché ti fece amor povero ancora.
Tu lasci il bel gioir del divin seno, per venire a penar su questo fieno.
Dolce amore del mio core, dove amor ti trasportò? O Gesù mio, perché tanto patir? Per amor mio!
Ma se fu tuo voler il tuo patire, perché vuoi pianger poi, perché vagire?
Sposo mio, amato Dio, mio Gesù, t’intendo sì! Ah, mio Signore! Tu piangi non per duol, ma per amore.
Tu piangi per vederti da me ingrato dopo sì grande amor, sì poco amato!
O diletto del mio petto, se già un tempo fu così, or te sol bramo Caro non pianger più, ch’io t’amo e t’amo.
Tu dormi, Ninno mio, ma intanto il core non dorme, no ma veglia a tutte l’ore
Deh, mio bello e puro Agnello a che pensi? dimmi tu. O amore immenso, “un dì morir per te”, rispondi, “io penso”.
Dunque a morire per me, tu pensi, o Dio ed altro, fuor di te, amar poss’io?
O Maria, speranza mia, s’io poc’amo il tuo Gesù, non ti sdegnare amalo tu per me, s’io nol so amare!