Venerdì 17 perché porta sfortuna?

Italiani popolo di scaramantici, anche se difficilmente dichiariamo apertamente di essere superstiziosi, ma perché venerdì 17 porta sfortuna?

Molti di noi evitano di passare sotto una scala, di sedersi in tredici a tavola, di aprire un ombrello in un luogo chiuso, di rovesciare il sale, cercando di maneggiare con cura gli specchi, osservando attentamente la strada quando siamo al volante, controllando che non passino né pedoni né tantomeno gatti neri.

Seppur non ci sia dietro nulla di logico e razionale, sono diverse le leggende metropolitane che ruotano attorno a questa data, che provengono da antiche culture come quella greca, latina e cattolica.

Data sfortunata per eccellenza, di tradizione cristiana poiché coincide al giorno della crocifissione di Gesù, oltre a corrispondere anche al Diluvio Universale che, secondo il Vecchio Testamento, ebbe inizio il 17esimo giorno del secondo mese dell’anno, dunque a febbraio e, sempre per rimanere in tema religioso, di venerdì avvenne il Peccato Originale con Eva che tentò Adamo nel giardino dell’Eden.

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Per arrivare a radici molto più moderne, nella smorfia napoletana il numero 17 rappresenta la disgrazia, così come nella Cabala viene associato alla morte. Secondo i latini, invece, anagrammando XVII in numeri romani si ottiene VIXI, che in significa “vissi”, dunque “sono morto”. Una cattiva fama che sfocia spesso in terrore, che prende il nome scientifico di eptacaidecafobia, al punto da registrare un brusco calo di voli. Secondo una recente ricerca condotta da Kayak, le prenotazioni per voli aerei per oggi hanno subito un calo del 21% rispetto agli altri venerdì, nonostante il quinto giorno della settimana sia notoriamente preso di mira dai viaggiatori, soliti a trascorre un weekend di relax e puro divertimento in una qualunque località turistica.

Scritto da Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica e spettatore interessato di tutto ciò che è intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.