“Wonder” di Stephen Chbosky e il potere delle parole

Quante parole fanno parte del nostro pianeta e non ce ne interessiamo fin quando non le incrociamo o qualcuno non le rende note con i mezzi di comunicazione di massa

Quand’ero piccola facevo a gara di parole con mio padre.  Mi rendo conto ad oggi che presi da questa vita frenetica difficilmente riusciamo a soffermarci su quello che non ci scontra e incontra realmente.

Per esempio, scommetto che se facciamo un’indagine la percentuale di chi conosce la parola microtia è molto bassa. La microtia è una malformazione congenita del padiglione auricolare, generalmente unilaterale, ne sono affetti uno su ottomila nati.

“Wonder” osservare il mondo da un altro punto di vista

Ho recentemente visto il film “Wonder” di Stephen Chbosky, tratto dall’omonimo romanzo, che racconta la storia di un bambino affetto dalla sindrome di Treacher Collins, una malattia congenita che interessa lo sviluppo del cranio, si può presentare in forme differenti e comporta diversi problemi fino dalla nascita.

Quante persone intorno a noi fanno parte di un paroliere “speciale” o ne vengono in contatto per vie traverse, quante persone osservano e vivono il mondo da milioni di altri punti di vista? Mi sono chiesta quante azioni compiamo nell’arco della nostra vita, le stesse azioni che per qualcuno sono miracoli o obiettivi raggiunti dopo tanta fatica.

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Sarebbe bello avere più tempo per giocare a gara di parole e magari porre attenzione maggiore su alcune prima che qualcuno ce le mostri. Sarebbe bello osservare il mondo anche da altri punti di vista che non vedono l’ora di essere notati, proprio come il protagonista del romanzo di Stephen Chbosky.