Il nome di Alberto Salerno è da oltre cinquant’anni legato alla storia della musica leggera italiana, prima come autore e paroliere di numerose canzoni passante alla storia, poi come produttore discografico insieme a sua moglie Mara Maionchi, con la quale condivide la stessa viscerale passione per il proprio mestiere. Di seguito l’intervista con uno dei più grandi esperti e conoscitori di musica.
Alberto, lei ha da poco festeggiato i cinquant’anni di carriera nella musica. Quando e come si è avvicinato a questo mondo?
“Mio papà Nicola è stato un grande paroliere, noto con lo pseudonimo di Nisa, che è stato insieme a Mogol il mio modello. Poi, quando l’ho perso, ho dovuto fare i conti con la realtà e darmi da fare con le mie gambe. Dal punto di vista emotivo, è stata per me una grande molla. Così come è stato determinante per la mia vita l’incontro con Mogol, che mi ha preso per mano e mi ha impostato. Ero un suo grande ammiratore, perché all’epoca scriveva i testi migliori che ci fossero in circolazione, anche se non è stato facile per me adattarmi al suo modo di fare perché era molto esigente e, per questo motivo, per me molto stimolante”.
Il suo primo grande successo lo raggiunge nel ’68 con “Avevo un cuore” di Mino Reitano. Che ricordo ha di questo artista, considerato da molti come uno dei cantanti più umili e sensibili del panorama musicale italiano?
“Mino lo ricordo con grande tenerezza, perché purtroppo negli ultimi anni è stato molto preso in giro. Lui era un uomo semplice, alla mano, un buono e in tanti si sono approfittati di questa sua bontà. A lui devo i miei primi guadagni, perché grazie ad ‘Avevo un cuore’ ho comprato la mia prima automobile. All’epoca è stato davvero un grandissimo successo”.
Tra gli artisti con il quale ha collaborato figura il nome di Pino Mango, un grande che purtroppo ha ricevuto in termini di successo meno di quello che ha dato. Anche oggi, forse, è poco ricordato. Che ricordo ha di lui?
“Con Pino abbiamo fatto la storia, dieci anni insieme pazzeschi, fatti sia di grandi soddisfazioni che di litigate perché, sai, quando lavori insieme tanti anni finisci come nei rapporti matrimoniali, si litiga e ci si incazza, però poi si chiariva sempre. La sua morte inaspettata mi ha tramortito, anche perché lui non ha mai ricevuto i favori di una certa stampa che si autodefinisce intellettuale. Non lo hanno capito proprio, anche in termini di riconoscimenti, non è mai stato invitato al Premio Tenco. Il più grande cantante con cui abbia lavorato: Pino Mango. Lui non aveva, non ha e non avrà mai rivali”.
Da oltre quarant’anni al suo fianco c’è Mara Maionchi, altra esperta conoscitrice della discografia. A parte le vostre due figlie, cosa vi lega e qual è il segreto di questa longevità? La musica vi ha più unito o, in alcuni casi, diviso?
“Il fatto di lavorare nello stesso ambiente con ruoli diversi ci ha concesso di non avere contatti diretti, perché se no sarebbe stato pazzesco. Devo dirti che il vantaggio è che non staccavamo mai la spina, anche se oggi abbiamo rallentato un po’ e ci siamo dedicati anche ad altro, in passato a casa parlavamo solo di lavoro. A volte, ovviamente, è stato anche uno svantaggio perché, a causa di punti di vista diversi, venivano fuori non pochi litigi e, avendo entrambi due caratteri di merda, diventavano subito fuochi e fiamme. Poi, sai, è stato più forte il sentimento di un rapporto che si è trasformato col tempo in una grande amicizia, lei è la mia migliore amica. Il rapporto dura se, secondo me, riesci a basarlo sulla grande amicizia che nasce tra due persone”.
Cosa ne pensa del suo ritorno ad X-Factor?
“Sono molto felice per lei. Sulla scia del successo di Celebrity Masterchef, credo che sarà molto divertente rivederla ancora all’opera, perché lei è sempre la stessa, spero soltanto che non dica troppe parolacce e batta il suo record”.
Non possiamo non parlare di Tiziano Ferro, oggi uno dei numeri uno della nostra canzone, scoperto da lei e sua moglie. Gli anni passano e la sua maturazione è sotto gli occhi di tutti. Qual è il suo punto di forza e, se c’è, un suo punto di debolezza?
“Oggi come oggi Tiziano non riesco a riconoscerlo come un qualcuno che rischia. Mi sembra vada avanti un po’ con il freno a mano tirato, che canta le sue canzoni assolutamente dignitose ma poco innovative, non è più l’artista che avevamo prodotto noi e su cui avevamo deciso di puntare. Agli esordi faceva un R’n’B che in Italia non c’era, anche nei testi c’era molta più ricerca e innovazione. La sua forza la conosciamo tutti, è molto interessante e resta un grandissimo artista, ma la sua debolezza è quella di essere diventato un po’ troppo popparolo”.
Ha vinto il Festival di Sanremo come autore per ben quattro volte: con “Bella da morire” degli Homo Sapiens, “Terra promessa” di Eros Ramazzotti, “Senza pietà” di Anna Oxa e “Per dire di no” di Alexia. C’è un artista in circolazione su cui punterebbe per raggiungere la cinquina?
“Di artisti interessanti ce ne sarebbero tanti. Se devo proprio farti un nome penso ad un ragazzo che sto seguendo da lontano con interesse: Riki, che è uscito da ‘Amici’ e trovo abbia delle buone chance, mi piacciono le canzoni che scrive nonostante i suoi venticinque anni, io ci scommetterei su di lui, secondo me farà molto bene”.
Qual è l’insegnamento più grande che vorrebbe aver dato, fino ad oggi, ai giovani attraverso la sua musica ed il suo impegno? “La tenacia e non mollare mai quando si è depressi, soprattutto quando le cose non vanno come vorremmo. Leggere tanto, perché i libri sono fonte di nutrimento per il cervello, e cercare di stare al passo coi tempi. In tal senso, negli ultimi anni, ho deciso di mettere da parte il protagonismo per dedicarmi ai giovani. Così, insieme ad altri sette miei autorevoli colleghi, abbiamo creato l’Officina della musica e delle parole, dove accogliamo ed aiutiamo i ragazzi che spediscono online i loro mp3, anche mediante borse di studio, fornendo loro gratuitamente la nostra esperienza e i nostri consigli. Continuando, nel mio piccolo, a dare il mio personale apporto alla musica italiana”.