La Brexit diventerà ufficiale alla mezzanotte del 1 Febbraio 2020, dopo quasi quattro anni dal referendum che ha sancito l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Nonostante alcuni aspetti della separazione diventeranno concreti solo tra qualche mese, dalla mezzanotte della “data X”, l’Unione Europea non includerà più tutto il territorio del Regno Unito e relativi cittadini che non potranno più dirsi europei.
Brexit Day: le conseguenze politiche
Le conseguenze più evidenti riguarderanno l’abbandono degli europarlamentari britannici dalle sedi del Parlamento Europeo, 73 onorevoli lasceranno quindi la carica e i seggi verranno ripartiti tra gli altri stati membri (presenti e futuri: 27 seggi rimarranno liberi per i paesi che faranno presto ingresso nella UE).
Inoltre non sarà più previsto un commissario britannico ed i vertici di Londra non saranno più invitate alle riunioni. Tuttavia è obbligo del governo continuare a contribuire al bilancio fino alla fine del periodo di transizione. Saranno anche rimosse le bandiere europee dalle sedi istituzionali britanniche e viceversa.
Periodo di transizione: cos’è e quando finisce
Si prospetta quindi uno scenario anticipato durante la campagna elettorale inglese, vinta da Boris Johnson. Dopo il 30 giugno 2021, fine del periodo di transizione, sarà necessario un visto per accedere nel Regno Unito e sarà obbligatorio anche munirsi di passaporto elettronico.
Stesse norme saranno applicate anche per i lavoratori europei nel Regno Unito (compresa la grande comunità italiana, circa 400.000 mila cittadini) e per i lavoratori britannici in Unione Europea (circa 1,2 milioni di cittadini). Fino alla fine del periodo di transizione saranno garantite le libertà di movimento e di lavoro, ma dopo le norme cambieranno.
Tuttavia i lavoratori italiani nel Regno Unito hanno già avuto da tempo la possibilità di garantirsi il permesso di residenza e lavoro sul suolo britannico. Ad ogni modo dal momento dell’uscita partirà un secondo negoziato tra i vertici inglesi e quelli di Bruxelles: i termini potrebbero in via teorica anche diventare più flessibili vista la volontà di Johnson di negoziare alcuni punti, tra cui i dazi sui prodotti in uscita. I colloqui partiranno quindi a marzo.
Il problema scozzese
Non si placa la questione scozzese, e con l’uscita dall’UE potrebbe riacutizzarsi il problema dell’indipendenza. Alla notizia della ratifica dell’accordo di uscita diverse persone si sono radunate in strada intonando canti di addio.
Il parlamento scozzese, a maggioranza indipendentista, ha votato una risoluzione per chiedere un nuovo referendum sull’indipendenza. I sondaggi vedono per la prima volta l’indipendenza in vantaggio, ma Boris Johnson ha per ora respinto le richieste appellandosi al voto del 2014.
La premier scozzese ha fatto sapere di voler mantenere le bandiere blu davanti le sedi delle istituzioni locali dichiarando:
L’indipendenza è il mezzo per poter plasmare il nostro futuro e costruire una Scozia migliore
È quindi incerto il futuro della Scozia, la quale si dice “costretta” ad uscire dall’Unione Europea contro la sua volontà.