BULLISMO – “L’escalation di violenza e il fenomeno delle baby gang sono il segnale di una crisi del discorso educativo. L’educazione è quel processo che porta alla rinuncia alla violenza, perché in primo piano c’è la legge della parola. Questi fenomeni mostrano invece che in primo piano non è la parola, ma la violenza e la non rinuncia alla violenza, anche quando questa è totalmente gratuita, come nei fatti di cronaca di questi giorni”. A dirlo è lo psicoanalista Massimo Recalcati.
Per parlare di bullismo occorre che vi sia intenzionalità dell’ atto, persistenza del fenomeno, e asimmetria tra vittima e bullo. Occorre considerare che nel processo del bullismo non sono implicati solo vittima e bullo ma l’intero gruppo sociale quale i difensori, gli spettatori e i sostenitori del bullo e/o della vittima. Dunque è coinvolto l’intero sistema.
Oggi giorno assistiamo sempre di più a fenomeni di violenza e bullismo. Come si può definire la situazione?
“Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto ripetutamente, nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni” (Olweus, 1993).
La maggior parte di questi episodi si verifica a scuola e sarebbe opportuno realizzare degli sportelli di ascolto per studenti, insegnanti e genitori; in quanto tutto sono coinvolti in questo processo. Educare i ragazzi a una cultura delle differenze, dove si riconosce l’ altro, educare il ragazzo all’ empatia, nel fargli capire che ci si può esprimere con le parole anziché la violenza, è il primo passo per smuovere i giovani di oggi che sono il nostro presente e futuro.
L’empatia è fondamentale per affrontare ciò in quanto occorre accettare l’ altro piuttosto che giudicarlo ed inoltre come ci ricorda Recalcati occorre “rilanciare il processo educativo, non abbandonare questa strada”. Pasolini diceva che “solo un vaccino rende possibile il primato della parola sulla violenza, ovvero la cultura”.