Cucina: può la gastronomia essere arte?

In tre opere basilari: Fedro, Repubblica e Timeo, Platone teorizza una tripartizione dell’anima le cui componenti sono identificabili nella modernità come forze psichiche in rapporto tra loro. Questo trittico è formato dall’anima razionale, dall’anima irascibile e dall’anima concupiscibile. L’anima razionale, collocata nel cervello, corrisponde all’intelletto e al pensiero razionale ed è propria dell’uomo in quanto egli si differenzierebbe dagli altri esseri viventi per la razionalità. L’anima irascibile, che alberga nel cuore, riguarda il coraggio e l’impulsività. L’anima concupiscibile, che trova sede nella parti più basse del corpo, guida gli appetiti sessuali e tutti quelli legati alla tavola.

La cucina tra intelletto e sentimento

Leggendo la realtà a partire da questa teoria, tutta l’arte culinaria, l’enogastronomia, l’analisi sensoriale sarebbero discorsi, ragionamenti, idee, sperimentazioni, studi intorno alla parte meno nobile del corpo. Tali, insomma, da escludere le caratteristiche delle due tipologie di anima superiori. È però sostenibile che l’uomo nel corso della storia nel mondo dell’alimentazione, compresa di tutte le sue sfaccettature ovvero dalla scienza alla cucina d’avanguardia, abbia infranto questa rigida gerarchizzazione giungendo a connettere l’intelletto e il sentimento all’interno di una concupiscibile preparazione culinaria?

Il cibo è fisicità

Innanzitutto il cibo è il nutrimento dell’uomo e quindi permette il soddisfacimento di un bisogno primario che è legato alla carne e quindi al mondo e non alla metafisica. Però, se pensiamo all’arte informale di Jean Fautrier, prendendo ad esempio Tête d’Otage n.6, ci rendiamo conto che in essa gli accumuli di pittura e quindi di materia permettono di spezzare lo schermo presente in tutta l’arte pittorica fino al Novecento e di collocarsi all’interno dei confini filosofici dell’esistenzialismo in quanto elemento pragmatico presente nel nostro universo. La percezione tattile derivata dalla stratificazione di pigmento operata da Fautrier è osservabile dall’uomo solamente tramite la sua capacità di operare una visione incarnata, percependo attraverso una sinestesia la superficie irregolare e quindi spiccatamente materica dell’opera. Gli ingredienti possono arrivare oltre. Innanzitutto essi, ad esclusione dei sali minerali, esistevano e agivano prima di divenire una materia prima in quanto esseri viventi. Certo, un esistere riconducibile al Cogito ergo sum cartesiano non è riferibile ad un ortaggio o ad un animale da allevamento, però sicuramente lo è un’esistenza più attiva ed impattante di un colore pittorico. Inoltre, la visione incarnata presente anche nell’arte culinaria viene seguita a volte da un’analisi tattile fatta attraverso la zona del corpo umano ricettacolo per eccellenza di questo senso ovvero la mani. Prendiamo ad esempio uno street food come la piadina che solitamente viene degustata tenendola tra le mani ed inevitabilmente già percependo la sua croccantezza, grassezza e matericità data dalla superficie irregolare che la caratterizza, e sempre attraverso la masticazione e l’analisi di consistenze permessa dal palato. Certo l’arte per essere definita tale necessita di intenzionalità perciò una piadina creata per riempire lo stomaco non è identificabile come un elaborato artistico, però essa mostra le maggiori possibilità che anche in campo culturale i “bassi” ingredienti, che sono alla base dell’esistenza, possono veicolare.

Marcel Proust

La collocazione dell’anima irascibile (che avendo sede nel cuore è riconducibile ai sentimenti) all’interno dell’universo gastronomico ci viene fornita da una figura interna al paradigma della cultura: lo scrittore Marcel Proust. In Du côté de chez Swann , il primo volume di À la recherche du temps perdu, l’opera maggiore del letterato francese, Proust conferisce ad una madeleine, tipico pasticcino francese al burro, il ruolo di chiave per rievocare vissuti passati, sedimentati all’interno della sua memoria e farglieli rivivere carichi di tutta la loro componente emozionale capace addirittura di rendere un uomo indifferente alla tristezza derivata da una giornata cupa e dalla prospettiva di un domani doloroso.

Fossil di Davide Scabin

Infine anche l’universo intellettuale e concettuale, riferibile all’anima razionale, si pone alla base di molta cucina d’avanguardia. Tra i numerosi esempi prendiamo in esame il piatto Fossil dello chef piemontese Davide Scabin perché, a nostro parere, con la sua carica iconoclastica fa luce su un atteggiamento che l’uomo deve adottare per non essere ingannato all’interno dell’era digitale. Fossil è una copertura di terracotta con dentro una sogliola al cartoccio. Su questo involucro è disegnato un pesce come se fosse un fossile o un disegno primitivo. Adagiato su un letto di funghi secchi e corteccia di pino induce la pietra rovente a sprigionare un’esperienza olfattiva tipica di un ambiente boschivo. Il cliente viene dotato di un martello con il quale dovrà spaccare la copertura per poter vedere e quindi degustare la sogliola vera e propria. Diviene così metafora di un mondo dominato dai media freddi propri dell’era elettronica in cui l’uomo è inserito all’interno di un media environment costituito dagli schermi fissi o mobili che mediano la maggior parte delle nostre esperienze sotto forma di immagini che costituiscono un impedimento alla conoscenza della vera essenza delle cose. Questo piatto attua concretamente la distruzione dell’immagine del pesce per giungere alla realtà, una realtà naturale e ancestrale, antecedente a quella della tecnologia digitale.

Da Platone a Gualtiero Marchesi

Platone sosteneva che per il corretto funzionamento della società il Demiurgo (un dio artigiano) avesse instillato in ogni uomo la prevalenza di una della tre anime quando, plasmando gli esseri umani con la terra, avrebbe distribuito in alcuni più oro (simbolo dell’anima razionale), in altri più argento (simbolo dell’anima irascibile) e in altri ancora più rame (simbolo dell’anima concupiscibile). Ciò è narrato nel mito degli uomini plasmati dalla terra. A nostro parere, Gualtiero Marchesi, il padre della nouvelle cuisine italiana, ha involontariamente saputo riunire questo mito in uno dei suoi piatti più celebri: il Riso, oro e zafferano. Il pentolino di rame in cui viene cotto e mantecato il riso, la copertura di stagno dell’interno della casseruola che è di colore argenteo e la foglia d’oro applicata al di sopra del risotto, adagiato a specchio sul piatto, rappresentano la fusione delle tre anime platoniche all’interno dell’universo culinario. Soprattutto in un’era in cui l’arte non è tanto l’opera in sé ma il valore del discorso intorno a…