Donna malata di tumore si laurea in ospedale

Ha discusso la tesi in ospedale tra lo stupore di amici e parenti

Malata Tumore Laureata Ospedale

Non è mai troppo tardi per laurearsi: nemmeno a cinquant’anni e nemmeno quando ti viene diagnosticato un tumore al cervello.

Lo sa bene Olga D’Eramo cinquantenne piemontese, che avrebbe dovuto discutere la sua tesi ad inizio marzo, ma per cause di forza maggiore ha dovuto rimandare il momento tanto atteso, senza arrendersi o rinunciare.

Quando si è sentita male, alle 2,20 della notte tra il 28 febbraio e il 1°marzo, la data della tesi era già fissata per fine mese. «Ero infilata nella Tac, non parlavo, non vedevo, non camminavo. Eppure pensavo solo: adesso come faccio? A fine marzo mi devo laureare».

La donna, già  insegnante di ruolo presso lIstituto Cnos di Alessandria e con un diploma in dirigente di comunità, proprio qualche giorno fa ha realizzato il suo sogno: quello di laurearsi una seconda volta in discipline psicosociali con un punteggio di 107 su 110.

Malata Tumore Laureata Ospedale

Lo ha fatto tra le mura del reparto oncologico dell’ospedale di Ovada, dove grazie alla disponibilità dell’Asl, è stata raggiunta dalla commissione dell’ UniNettuno,  che ha tenuto la seduta di laurea proprio lì, tra lo stupore di medici e infermieri e la soddisfazione dei parenti.

Donna si laurea in ospedale, i ringraziamenti

L’argomento della tesi? La parità di genere nel mondo dei motociclisti. Perché Olga oltre che essere un’insegnante e anche una motociclista, proprio come suo marito.

Una donna forte e grintosa che ha dopo questa esperienza ha deciso di aggiungere colori e luce al suo look e alla sua vita, e che alla fine di tutto ciò ha ringraziato chi l’ha sostenuta in questo percorso:

 “Se oggi sono arrivata qui, a discutere la mia tesi, lo devo a tutte quelle persone che mi sono state vicine. A mia sorella Valeria, a mia mamma Germana, alle mie amiche e amici, Manuela, Ornella, Teresa, Gianni, Marco, Andrea, Maria, ai medici e agli infermieri, che mi hanno dato speranza e amore. A mio marito Marco, che è stato sempre qui tenendomi la mano, e a questo ospedale, che per me è una casa. Mi dicono tutti che sono una guerriera ma nessuno può esserlo da solo”.

E forse ha ragione lei, nessuno si salva da solo.