Ha gli occhi piccoli e occhiali grandi. Sembra miope o forse lo è. Il suo gioco preferito è modellare l’argilla e colorarla con smalti lucidi. Giorgio Di Palma ha portato in casa e poi nel mondo una rivoluzione fatta di creatività e convinzione.
Conosciuto come il ceramista delle cose di cui non c’era bisogno ha iniziato e concluso più percorsi prima di collaudare quello attuale. Laureato in beni archeologici a Lecce, nel 2003 si reca in Germania per lavorare in uno scavo. Poi di Giorgio e l’archeologia non ho più tracce.
Le ritrovo a Budapest, quando accetta un lavoro e parte. L’Ungheria sarà per due anni il suo banco di prova. Intensifica il legame col disegno forse più per necessità che per altro, sceglie la compagnia di cornici e inizia a crearle. Non so cosa sia successo, quale sentimento o idea lo abbia scosso, ma dopo Budapest fa ritorno a Grottaglie, suo paese d’origine.
Giorgio Di Palma: la decisione di ritornare in Puglia
Ora vuole provare a vivere così, a trasformare le sue mancanze in ceramica, tentativo di riempimento. Allora non perde tempo, apre la sua bottega e riprende a dialogare con i suoi altorilievi, personaggi di ceramica, custodi dei suoi stati d’animo. I primi tempi, quelli dopo il ritorno, non sono semplici.
Me lo immagino con il cappellino rosso e non quello verde. Giorgio ha però fiducia nell’imperfezione del suo tratto e nel messaggio che vuole trasmettere: oltre alle figure degli altorilievi, riproduce oggetti in disuso lanciando una provocazione tutta colori e ceramica. Il suo invito sta tutto nella semplicità del suo desiderio, perché se i tasti di una macchina da scrivere raccontano un ricordo allora deve rimanere dov’è, perché qualsiasi oggetto ha una memoria.
L’innovazione della sua bottega ed esperienze artistiche
La rivoluzione di Giorgio sta nel processo di rivalorizzazione dell’oggetto partendo dalla sua svalutazione precoce sul mercato. Lo scarto culturale del giovane ceramista sta anche nel cambiamento dell’uso della ceramica di Grottaglie, tradizionalmente concepita per la creazione di stoviglie e mai pensata per allegoria o appunto per riempimento.
Nel 2013 inizia per Giorgio il periodo delle residenze, in cui si sperimenta con nuovi tipi di ceramica, con forni ad alta temperatura, vivendo una convergenza artistica con se stesso e con gli altri partecipanti.
Innovazione senza fine
Passeggiate sul lago alla ricerca di punti, tempo sempre troppo poco e il sonno anche, l’omaggio a Pantafola goloso di wurstel, un pallone rotto perché qualcuno lo credeva vero, sono solo alcuni degli appunti narrativi che Giorgio fa diventare un libro “29 Giorni. Diario di un ceramista”. Tanti progetti anche in fotografia, per proporre arte a tutto tondo.
Ripercorrendo tra le pagine le tre residenze Austria – Sicilia – Germania e aspettando di vivere la prossima, Giorgio lo puoi trovare in bottega in compagnia della sua fidata Noia.
Magari qualcuno passerà per portargli da fuori una dose di realtà, magari ne poteva fare a meno, oppure in quel momento ne aveva proprio bisogno chissà, intanto lui rimane immischiato a capo del suo tavolo di lavoro perché i giorni sono troppo pochi e le cose da fare di cui non c’è bisogno troppe.