Partendo dalle motivazioni familiari che lo hanno spinto a lasciare il suo paese, Sangari racconta il duro viaggio intrapreso per arrivare in Sicilia, tra le intemperie del mare e le vessazioni degli scafisti. Poi è passato da un centro di accoglienza all’altro fino ad arrivare alla “Locanda del Samaritano”.
Come sei attivato in Italia?
Sono partito dal porto di Mali, in Guinea, con l’imbarcazione e sono arrivato al porto di Catania. Il viaggio per venire in Italia non è affatto facile, pieno di difficoltà tra il maltempo, gli spazi stretti e le urla degli scafisti. Sull’imbarcazione eravamo tutti ammassati, uomini, donne e bambini, ovunque.
Ogni spazio possibile della nave era occupato da qualcuno. Considerando che abbiamo viaggiato tutta la notte non è stato certo l’ideale. Siamo partiti nel tardo pomeriggio e siamo arrivati al porto di Catania il mattino dopo. Ore interminabili stipati come oggetti e in pessime condizioni igieniche.
Cosa succede durante il viaggio?
Sulla nave siamo stati trattati male: gli scafisti ci aggredivano verbalmente perché volevano essere pagati per il viaggio. Se una persona non ha i soldi per pagare gli scafisti non può salire sulla nave. Coloro che guidano le imbarcazioni sono originari di vari paesi, possono essere nigeriani, gambiani o libici. Loro sono immigrati come noi, ma siccome sanno guidare l’imbarcazione si propongono per condurre il viaggio, ma fanno salire solo chi paga.
Dove ti trovavi prima di arrivare alla “Locanda del Samaritano”?
Quando sono arrivato in Italia il primo posto dove mi hanno portato è stato un centro di prima accoglienza a Scordia. Po mi hanno trasferito un un altro a Gela, successivamente a Caltagirone e infine a Catania. Passavo da un centro all’altro: in base alla disponibilità dei posti nelle varie strutture molti di noi venivano trasferiti per fare posto ad altri migranti.
Cosa ti ha spinto a lasciare il tuo paese e venire in Italia?
Sono venuto in Italia, o meglio ho lasciato la Guinea, perché avevo una complessa situazione familiare alle spalle. Mia madre è morta e mio padre si è risposato con un’altra donna. Lei ha gestito casa nostra, diceva che non c’erano più soldi per mandare a scuola me e mia sorella, mentre suo figlio ci andava. Io e mia sorella stavamo sempre in casa a svolgere lavori domestici per lei. Faceva quello che voleva perché lavorava al mercato e mio padre purtroppo era senza lavoro. Io sono venuto qua perché eravamo troppi in famiglia e quando sei bambino in Africa c’è differenza tra quattro chicchi di riso o sei.