Immigrazione, racconto del viaggio in nave: “Condizioni pessime”

Sangari, diciannovenne guineano ospite al centro di accoglienza Locanda del Samaritano a Catania, racconta la sua storia.

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Partendo dalle motivazioni familiari che lo hanno spinto a lasciare il suo paese, Sangari racconta il duro viaggio intrapreso per arrivare in Sicilia, tra le intemperie del mare e le vessazioni degli scafisti. Poi è passato da un centro di accoglienza all’altro fino ad arrivare alla “Locanda del Samaritano”.

Come sei attivato in Italia?

Sono partito dal porto di Mali, in Guinea, con l’imbarcazione e sono arrivato al porto di Catania. Il viaggio per venire in Italia non è affatto facile, pieno di difficoltà tra il maltempo, gli spazi stretti e le urla degli scafisti. Sull’imbarcazione eravamo tutti ammassati, uomini, donne e bambini, ovunque.

Ogni spazio possibile della nave era occupato da qualcuno. Considerando che abbiamo viaggiato tutta la notte non è stato certo l’ideale. Siamo partiti nel tardo pomeriggio e siamo arrivati al porto di Catania il mattino dopo. Ore interminabili stipati come oggetti e in pessime condizioni igieniche.

Cosa succede durante il viaggio?

Sulla nave siamo stati trattati male: gli scafisti ci aggredivano verbalmente perché volevano essere pagati per il viaggio. Se una persona non ha i soldi per pagare gli scafisti non può salire sulla nave. Coloro che guidano le imbarcazioni sono originari di vari paesi, possono essere nigeriani, gambiani o libici. Loro sono immigrati come noi, ma siccome sanno guidare l’imbarcazione si propongono per condurre il viaggio, ma fanno salire solo chi paga.

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Dove ti trovavi prima di arrivare alla “Locanda del Samaritano”?

Quando sono arrivato in Italia il primo posto dove mi hanno portato è stato un centro di prima accoglienza a Scordia. Po mi hanno trasferito un un altro a Gela, successivamente a Caltagirone e infine a Catania. Passavo da un centro all’altro: in base alla disponibilità dei posti nelle varie strutture molti di noi venivano trasferiti per fare posto ad altri migranti.

Cosa ti ha spinto a lasciare il tuo paese e venire in Italia?

Sono venuto in Italia, o meglio ho lasciato la Guinea, perché avevo una complessa situazione familiare alle spalle. Mia madre è morta e mio padre si è risposato con un’altra donna. Lei ha gestito casa nostra, diceva che non c’erano più soldi per mandare a scuola me e mia sorella, mentre suo figlio ci andava. Io e mia sorella stavamo sempre in casa a svolgere lavori domestici per lei. Faceva quello che voleva perché lavorava al mercato e mio padre purtroppo era senza lavoro. Io sono venuto qua perché eravamo troppi in famiglia e quando sei bambino in Africa c’è differenza tra quattro chicchi di riso o sei.