La morte di Riina

Riina in carcere

È del 17 novembre 2017 la notizia che Totò Riina sia morto a Parma, nell’ospedale del carcere. Si è discusso molto se fosse giusto farlo morire da detenuto o da uomo libero. Infine si è decretato di tenerlo in carcere. E noi ci sentiamo di dire che fosse giusto così. Chiunque si imbatta nella narrazione della vita del criminale in questione troverà corrispondenze con atti di delinquenza di ogni tipo, ma a partire soprattutto dal 1969 con delitti ed omicidi tra i più efferati. A partire dai “giochi pericolosi” fatti col fratello con la polvere da sparo, per finire ad uccidere uomini facendoli mangiare dai maiali, Riina si è mostrato il peggiore dei delinquenti ed ha “dato fondo” a diversi caricatori per ammazzare e privare della vita numerosi esponenti anche della politica del nostro mondo contemporaneo.

Il post operatorio

Il capo (ancora supposto dalla legge italiana che oltre a garantista è anche molto “guardinga” e troppo, troppo prudente) di Cosa nostra pare sia incappato in complicanze dopo un’operazione chirurgica proprio negli ultimi giorni, e alla sottoscritta scapperebbe di affermare che un Dio esista (in modo del tutto vendicativo, lo ammette) poiché sarebbe giusto per una legge del contrappasso che anche lui abbia soffertotanto quanto (se non di più) le sue vittime.

Considerazioni su Totò Riina

In realtà un buon cristiano non dovrebbe pensarla così, ma di fronte a delitti tanto efferati e a passati tanto deplorevoli, sembrerebbe legittimo pensarla proprio in questo modo. In tal senso chi scrive pensa che, così come è accaduto alla stessa di vegliare il padre per 6 lunghi giorni ed il padre era onesto, tanto più al pericoloso criminale in questione sia giusto che sia toccata una fine della vita con lungo dolore che se non di uguale durata (la sottoscritta non augura a nessuno di soffrire tanto) almeno della stessa intensità nelle sofferenze, poiché ancora sarebbe legittimo pensare che “la morte si sconti vivendo”.

 

Riina in carcere

 

 

 

Persino Ungaretti diceva…

 

Lo pensava Ungaretti scrivendolo in alcuni suoi versi che “ricalcavano i profili” della guerra del 1915, e lo si pensa oggi a distanza di 100 anni per chi abbia commesso atti tra i più atroci ed abbia fatto soffrire persone anche tra le migliori al mondo.

Atteggiamenti “impopolari” verso l’eventuale morte di Riina

Se davvero Riina sia stato o non sia stato il vero responsabile e vero mandante delle uccisioni di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, si direbbe a questo punto, importerà poco, poiché non interessa in questo momento a nessuno quando e come abbia ucciso ma se lo abbia fatto e perché. Quest’uomo non ha mai finito di delinquere ed ha cominciato anche, (rispetto a Salvatore Giuliano o a vecchi mafiosi) abbastanza tardi a farlo, ma la crudezza e la metodologia con cui ha operato dicono tutto il disprezzo che ha attratto a sé. Chi scrive si rende conto che non ne ricaverà altro che, da un lato, solidarietà nel giudizio e dall’ altro critiche acerrime dei più fervidi cattolici, ma certamente non si spaventa ad affermare che Totò Riina sia uno dei peggiori criminali che il mondo italiano conosca (se non il mondo intero) e che sia degno di un atteggiamento non benevolo verso quelle deprecabili azioni che ha compiuto. Ad ogni modo, leggendo tra le righe dell’intervista fatta ad alcuni parenti delle vittime, si avverte una pietas che sfiora il perdono e l’unica accusa che esse facciano al destino sia solo quella che, dato che  Dio ha fatto morire Riina questa notte,  esse non potranno mai avere risposta a quelle domande che offuscano la loro visuale su tutte le “spiegazioni” dei fatti mafiosi che stanno alla base degli omicidi dei rispettivi parenti assassinati. Ma ci si sente ugualmente di affermare che la giustizia divina sia davvero cieca ma lungimirante e che forse ora queste vittime di mafia non vedranno quella via d’uscita, ma a lungo andare si accorgeranno del piano nascosto che questo stesso Dio avrà preparato loro, ne stiano pure certi, perché se la giustizia è miope, Gesù Cristo ci vede benissimo e si è comunque sicuri che forse non si noterà subito il “contrappasso” che sta progettando per questi, ma che in futuro ci si incapperà per forza, che ne siano convinti; così tanto da permettere alle loro coscienze di essere almeno tranquille quando passeggeranno per quelle stesse vie dove sono stati uccisi tanti e tanti uomini dalla mafia, o quando incontreranno con lo sguardo quegli altri mafiosi che, (e ne si è certi) verranno giudicati col tempo, negli anni che verranno. Intanto certo nessuno (né tanto meno chi scrive) sarà felice della sofferenza che nemmeno Riina doveva patire, ma certamente la sottoscritta si sentirà ugualmente più “tutelata” da quello stesso Dio che ha pocanzi nominato, se avrà saputo che anche Riina avrà scontato un destino avverso almeno nel finale di vita che gli è toccato in queste ultime ore. E sempre la sottoscritta è convinta che in un piccolo spazio del cervello finanche il sacerdote o il santo più devoto la pensi allo stesso modo, o che, se non altro, ci vada molto vicino. Senza voler alimentare vendette, (gli stessi congiunti delle vittime ce lo dimostrano), si chiede solo di poter affermare liberamente quanto segue: che questo esponente di Cosa nostra avrà, se non altro,  mostrato il coraggio di morire in un modo sofferto, perché, si è altresì certi che non abbia rivelato un tale comportamento nel vivere. Così, se Riina non è arrivato a domani tranquillamente,  è lo stesso Creatore ad avercene dato la prova, con la sua  sua pietà. Ed aspettiamoci che, a modo Suo, Egli stesso ci stupirà nel futuro dopo questa fine che ha “tolto” qualcosa alla mafia.