“Era una notte buia per lo Stato Italiano/ quella del 9 Maggio 78/ la strage di Via Caetani/ il corpo di Aldo Moro/ l’alba dei funerali di uno stato”. Come cantavano i Modena City Ramblers ne “I Cento Passi” in quella notte di Maggio l’Italia visse uno dei momenti più neri della storia repubblicana.
I conflitti sociali erano all’ordine del giorno e la stagione stragista era ancora lontana dalla sua conclusione. Bologna e quella mattinata di agosto erano ancora troppo lontane. In quella notte il pantheon degli eroi civili italiani, quelli il cui sangue ancora brucia, si arricchì. Prima con Aldo Moro e poi – con molta calma – Peppino Impastato, ragazzo che ebbe la fortuna o la sfortuna di essere bollato come terrorista, anarchico dal cognome mafioso.
Contro cosa lottavano Impastato e Moro?
“Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi”, scriveva Brecht. L’eroe nasce in una frattura dell’ordine naturale, in una distorsione i cui effetti sono talmente opprimenti da non poter trovare altro conforto se non in vite eccezionali.
Le storie di Moro ed Impastato oltre ad essere pienamente storie del Novecento, sono storie tutte italiane. Uno lottava contro l’ottusità politica incapace di consegnare un futuro stabile al paese, l’altro lottava contro l’oppressione di chi aspirava ad essere il passato, il presente ed il futuro della nazione.
Mafia da una parte, politica dall’altra, due campi di battaglia tutti italiani che hanno sparso litri di sangue in neanche mezzo secolo, senza portare ad un miglioramento vero delle condizioni di vita, senza riuscire a raggiungere quell’empireo che è la felicità collettiva.
Tra Raid Mafiosi e Incapacità Politica
La sorte non poteva far capitare in data più idonea il quarantesimo (e volendo, il cinquantesimo del ’68 – ma quella è un’altra storia). L’Italia è da due mesi senza governo per colpa di forze politiche che abusano delle Istituzioni e del processo democratico per imporre i propri ideali.
La politica della Seconda Repubblica, che vuoi per barbarizzazione della pratica democratica, vuoi per la caduta dell’apparato ideologico novecentesco, ha dimenticato cosa sia il compromesso. Il nobile concetto di “Compromesso Storico”, auspicato da Moro per far avanzare il paese, oggi sarebbe un semplice inciucio, un parlare al caminetto (per usare un lessico bipartisan).
Una linea demarcata separa fortemente le forze politiche, salvo poi ritrovarsi unite nella mancanza di un vero ideale politico dai colori della bandiera sbiaditi fuori al circolo di paese. Se la colpa di Moro fu quella di voler trattare con il PCI dopo il rifiuto netto del Segretario di Stato Kissinger, quella di Peppino fu mancare alla virtù italica che risponde sotto l’appellativo di “farsi i cazzi propri”.
Se Aldo Moro fu l’ultimo dei màrtiri politici, Peppino Impastato fu il primo màrtire della mafia. Personaggi più illustri di un comunista di Cinisi – e qui ritorna la politica – sono morti per mano mafiosa, ma è forse l’animo duro e la contestualizzazione dell’ideologia che rendono Impastato immortale.
Peppino insegnò il coraggio, egregiamente ripreso da Marco Tullio Giordana ne I Cento Passi, di lottare contro la propria famiglia, la propria comunità per aver visto un avvenire migliore. Oppose le parole rabbiose alla violenza, l’ironia feroce ad una calibro 9. E forse fu il primo a realizzare veramente che la mafia è una montagna di merda.
Sotto questo punto di vista i due uomini del sud, hanno capito prima di tutti che le ideologie vanno contestualizzate, e che il centrismo avrebbe potuto incontrare il comunismo, e che nelle campagne siciliane il padrone non è l’industriale ma il mafioso.
Aldo Moro e Peppino Impastato: due storie di lotta
Peppino fu anche consigliere comunale per un giorno. L’ultimo tributo degli abitanti di Cinisi, nel segreto della cabina elettorale, fu votarlo da morto. Quando esporsi per portare un fiore è pericoloso, la matita e la scheda elettorale sono state mezzo di rivoluzione.
Anche il rapimento dell’Onorevole Moro ha diviso una comunità, quella politica. Il dibattito sulla trattativa è ancora un tema caldo oggi che si intreccia con interessi oscuri, parastatali e non ancora ben chiariti.
Dobbiamo ricordare questi due uomini perchè hanno pagato con la vita la voglia di verità, di un nuovo avvenire, di bellezza.
É una storia da dimenticare
É una storia da non raccontare
É una storia un pò complicata
É una storia sbagliata.
– Fabrizio de Andrè