Sequestrati terreni del padre di Di Maio: indagato per lavoro nero

Gli uomini della Polizia municipale hanno controllato tre manufatti probabilmente abusivi siti all’interno del terreno al civico 69 di via Umberto.

La famiglia di Luigi Di Maio è sempre più nel caos in seguito alla vicenda che vede imputato il padre Antonio, finito nella bufera dopo il servizio delle Iene sui lavoratori in nero. Gli agenti della Polizia municipale si sono recati nello stabile di Mariglianella, in provincia di Napoli, la sede dell’impresa di costruzione di cui il padre è proprietario al 50%.

Dopo il sopralluogo Andrea Mandanici, comandante della Municipale di Mariglienalla, ha spiegato:

“Abbiamo sequestrato delle aree per la presenza dei rifiuti inerti e abbiamo preso le misure sugli immobili presenti per le verifiche con l’ufficio tecnico”.

Sono state effettuate delle verifiche su tre manufatti probabilmente abusivi siti all’interno del terreno al civico 69 di via Umberto. In più, dal vaglio dei documenti dell’Agenzia delle Entrate è emerso che Antonio Di Maio sarebbe proprietario di due quote di terreno, apparentemente spoglie di manufatti e immobili.

Il servizio delle Iene del 25 novembre

Tutto è partito da un servizio andato in onda su Italia 1 il 25 novembre quando Salvatore Pizzo, un lavoratore di Pomigliano D’Arco, ha attaccato l’ex vicepresidente della Camera per aver basato la propria campagna elettorale su due valori: onestà e lotta al lavoro nero.

Salvatore Pizzo ha sostenuto di aver lavorato per diverso tempo nell’azienda di famiglia senza essere regolarizzato con un contratto. Versione confermata, durante la puntata de Le Iene trasmessa martedì 27 novembre, da “almeno” altri tre dipendenti che hanno lavorato nella ditta di Antonio Di Maio, smentendo di fatto la versione data da Di Maio junior, secondo cui “si tratta di un caso isolato”.

Pizzo racconta di aver lavorato nell’azienda edile dal 2009 al 2010, gestita da Di Maio senior e successivamente intestata alla moglie Paola Esposito. Ultimo passaggio: la ditta è confluita nell’Ardima srl, di proprietà – dal 2012 – del ministro Di Maio e della sorella Rosalba al 50%.

Dalla testimonianza rilasciata dal lavoratore, è emerso anche che avrebbe lavorato per un anno in nero e sarebbe stato pagato in contanti, come altri dipendenti della ditta. Ciò nonostante le continue richieste di regolarizzazione della sua posizione.

Inoltre, Antonio Di Maio avrebbe chiesto a Pizzo di non raccontare la causa dell’infortunio patito sul posto di lavoro. L’uomo, invece, non solo avrebbe raccontato la sua versione ai medici ma, subito dopo la guarigione, sarebbe stato licenziato. Tra un tira e molla durato diverso tempo, Pizzo ha accettato i 500 euro offerti dal padre del ministro in cambio del suo silenzio.

 

 

Scritto da Veronica Mandalà

Palermitana d'origine, amo scrivere di tutto e osservare la realtà a 360 gradi.