Spotify Craccato: cos’è e perchè lo usano tutti

Come il portale musicale più utilizzato sia diventato il più discusso, in meno di un giorno.

 

Da qualche giorno, le recensioni ed i commenti riguardanti il noto portale musicale Spotify on demand, si avvalgono di affermazioni del tipo: “Non è possibile pagare seriamente 10€ al mese per ascoltare della musica”, “BUFFONI!”, “Pagare quel prezzo è una truffa”, ed altre contestazioni dalla cordialità discutibile. Perché così tanta indignazione?

Cosa è Spotify?

Sembra strano doverlo spiegare, vista la notorietà, ma andiamo per gradi.

Spotify è un servizio musicale per l’ascolto di brani in streaming, lanciato dalla startup svedese Spotify AB nel 2008, e vanta di un ampio catalogo musicale che spazia da artisti indipendenti a celebri etichette discografiche.

Questo repertorio così vasto, ha permesso alla piattaforma di crearsi un altrettanto vasto numero di utenti.

Come funziona il servizio?

Spotify, ad oggi, conta circa 200 milioni di utenti, di cui 70 milioni sono quelli paganti, cioè che si avvalgono del servizio Premium, mentre i restanti utilizzano il servizio gratuito.

Per farla breve, il servizio Premium permette di non avere pubblicità, di scaricare i brani o di ascoltare questi ultimi online, potendo “saltare” da un brano all’altro senza limitazioni. Vantaggi che non si hanno nella versione Free.

Il caso delle apk craccate

Da qualche giorno, ad una precisa categoria di utenti, arrivano delle mail da parte della piattaforma che citano circa:

“Caro utente, abbiamo rilevato delle anomalie sull’app utilizzata, motivo per cui l’abbiamo disabilitata. Non preoccuparti, il tuo profilo Spotify è al sicuro”

Sostanzialmente, Spotify è stata in grado rilevare delle apk craccate, ovvero applicazioni esterne, in grado di permettere l’utilizzo della versione Premium, senza spendere nulla. Pertanto, ha richiesto l’eliminazione di app esterne, per la restituzione dell’account.

Riflessioni sulla decisione di Spotify

I furbi, nonostante la plateale figura da cioccolatai, si sono sentiti il dovere morale di attaccare la piattaforma, sostenendo che il prezzo stabilito fosse una truffa e che avrebbero trovato altri metodi per raggirare il sistema.

Il servizio è disponibile anche gratuito, nessuno è obbligato ad acquistarlo; primo punto. Chi si proclama “appassionato di musica”, ed esercita escamotage del genere, non solo va a danneggiare una piattaforma utile agli ascoltatori, ma tocca gli artisti stessi, per la violazione dei diritti.

Che l’arte sotto ogni sua forma, sia ritenuta lavoro, al giorno d’oggi è sempre più evidente, così come lo è il mercato che si costruisce attorno (piattaforme digitali, manifestazioni e reportage, sono solo alcuni ambienti che danno lavoro a migliaia di persone); quindi, per quale motivo dovremmo rifiutarci di attribuirle il suo compenso?

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