Storie di volontariato: esperienze in Italia e in Inghilterra

L’esperienza di Gioia, una giovane donna con la passione per il volontariato che racconta le sue esperienze tra Italia ed Inghilterra.

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Gioia mi scruta dall’alto del suo metro e settantacinque, avanza verso di me con le sue gambe sinuose e mi si pone di fronte. Si espone con una fragorosa risata accostando dietro le orecchie la sua folta chioma bionda. Sembrerebbe un angelo, e spiritualmente lo è, se non fosse per quegli occhi dalla tonalità nocciola, i quali racchiudono sorgenti di speranza e un’irrefrenabile joie de vivre.

Ella è una giovane donna di ventisei anni, di origini inglesi, la quale ha vissuto una sostanziosa fetta della propria esistenza nel ridente borgo triestino per poi avvertire il richiamo delle proprie origini e fare ritorno in Inghilterra, dove intraprende i suoi studi di psicologia.

Fare volontariato nella Comunità di Sant’Egidio

L’attività di volontariato: Gioia a soli quindici anni avvia la sua attività di volontariato con l’ausilio della comunità di Sant’Egidio. Asserisce che a spronarla fossero una moltitudine di fattori, da un lato desiderava cimentarsi in questa attività, dall’altro era stata cresciuta grazie all’amorevole madre nel culto del prestare aiuto al prossimo. Difatti l’autrice dei suoi giorni la conduceva in ospedale dove leggevano libri ad una signora in coma e la incoraggiava a donare vestiti e giocattoli in beneficenza, inoltre ammette vi fosse l’incentivo di un credito formativo, ma non biasimeremo una ragazza tanto magnanima per via di un’inezia.

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Ciò che più motivava la nostra Gioia era la nobile consapevolezza di potersi rendere utile e dal momento che, non era nulla più che una liceale, le conferiva attività extracurricolari nonché la possibilità di prestarsi per un’attività Infinitamente utile nei pomeriggi dopo la scuola. Con Sant’Egidio idearono un programma di dopo scuola il quale consisteva nell’aiutare bambini stranieri, provenienti da backgrounds disagiati o più semplicemente infanti che non avevano le possibilità di essere seguiti nello svolgimento dei compiti dai propri genitori. Si rivelò essere un lavoro a trecentosessanta gradi dove questi giovani potevano guadagnare delle ripetizioni, ottenere supporto e tenersi debitamente occupati.

I progetti per la comunità: i pranzi di Natale

Gioia, sempre affiancata dalla comunità di Sant’Egidio per qualche Natale allestisce anche la mensa natalizia per senzatetto, anziani e stranieri, coloro che malauguratamente venivano più emarginati. In questa encomiabile attività svolta, a sostenerla vi era anche la madre.

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Divenne così una vera e propria tradizione natalizia e Gioia con malinconia ripensa a quei giorni e quasi una lacrima le bagna il volto mentre rammenta quanto fosse motivo di gaudio dilettarsi in questa attività proprio con la sua mamma, con un proprio caro, sono esperienze che più che mai fortificano i rapporti. La nostra inarrestabile Gioia, sempre negli anni del liceo, entra in uno stage di protezione civile, tutti i partecipanti al corso erano volontari.

Quell’esperienza consolidò in maniera inequivocabile il suo apprezzamento per il volontariato. Gioia narra con estrema ammirazione quanto coloro che si annoveravano nella categoria della protezione civile dedicassero una settimana delle loro vita illustrando ai liceali come apportare aiuto alle persone. Immediatamente dopo vi fu il terremoto a L’Aquila e costoro si affrettarono a partire per poter prestare subito soccorso ai terremotati.

Gioia rimase estasiata e profondamente colpita da quanto essi si dedicassero agli sconosciuti e bramava di diventare  proprio come uno di loro, ma se l’esperienza le aveva insegnato qualcosa, ella non ne aveva esattamente la stoffa: immancabilmente la nostra eroina moderna non era in grado di tenere la manichetta dell’estintore di un carro dei pompieri. Non demorse però, avrebbe atteso l’avvento dei muscoli e non si sarebbe lasciata scoraggiare dalla prima avversità.

Servizio Civile e Volontariato: un compromesso?

La protagonista della nostra storia tiene quanto mai a rimarcare che esiste il compromesso lavoro/volontariato, cioè il servizio civile, nel quale si viene retribuiti sui 400/500 euro e si ha accesso a molteplici iniziative. Un monito e un tesoro per chi magari intende fare la differenza, ma non può permettersi di non guadagnare.

Nel suo anno di studio all’estero, in America, Gioia donava le sue doti al “food bank” locale, dove raccoglievano e smistavano il cibo e i beni di prima necessità per le famiglie più in difficoltà. Successivamente si iscrive al Rotary, con il quale per varie estati, una decina di giorni l’una, presta servizio presso il Rotary camp di Ancarano, dove bambini/ragazzi e a volte adulti con disabilità mentali e/o fisiche venivano in vacanza con la famiglia. Per merito dell’apporto di volontari come Gioia, la famiglia aveva modo di rilassarsi un po’ mentre loro si occupavano di fisioterapia in acqua, musicoterapia e altre attività che coinvolgessero sia la famiglia che i ragazzi.

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Ancarano è strutturato in modo da poter accogliere persone con disabilità fisiche, diversamente da altri centri estivi. Gioia è una volontaria all’avanguardia e modello: ha perfino donato i capelli un paio di volte affinché divenissero parrucche per bambini o bambine sottoposti alla chemio o che soffrono di alopecia. Iniziativa intrapresa da lei dal momento che le parrucche disponibili tramite la sanità sono spesso sintetiche e formato adulto, ma non formato bimbo. Ella, anemia permettendo, tenta anche di donare il sangue ogni sei mesi.

Fare il volontario in Inghilterra, come fare e differenze con l’Italia

Una volta in Inghilterra, per un periodo di due anni, si è resa disponibile per fare volontariato una o due sere a settimana in una mensa per senzatetto, ma questi benefattori non si limitavano a ciò, preparavano le cibarie e si assumevano l’onore di andarlo a distribuire lungo tutto il perimetro della città. Bristol ha una comunità di senzatetto immensa dove purtroppo vi è un’ammanco di risorse. Sostiene che tramite queste indimenticabili esperienza si finisca con l’incontrare la gente più variegata, ognuno con la propria storia, la quale si differenzia dall’altra: vagliamo tra chi ha perso la propria dimora in seguito all’essere stato licenziato e magari aver contemporaneamente divorziato, a soggetti con problemi di dipendenza, e persone che hanno vissuto infanzie colme di abusi.

Una volta rientrata in Italia ha trascorso qualche mese a fare volontariato in un carcere femminile dove portava beni di prima necessità a carcerate sprovviste di parenti o amici che potessero aiutarle o essere lì per dare loro supporto emotivo e materiale. La nostra benefattrice per eccellenza risentiva dell’assenza del sopra citato supporto emotivo, perché sì, Gioia non si trovava là per fornirlo, ma se ne rattristava in quanto vi era insita in lei una sorta di deformazione professionale data dal suo lavoro in carcere in Inghilterra.

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Insomma voleva aiutare, immolarsi per il cambiamento a tutti i costi, perfino quando non era espressamente previsto o richiesto. Gioia ha inoltre portato alla mia attenzione quanto sia interessante che in Inghilterra si debba obbligatoriamente fare un controllo DBS, il quale consiste nell’appurare si abbia la fedina penale linda e pulita per potersi occupare di volontariato mentre in Italia non domandano alcunché. Pare che in Inghilterra ci fossero state problematiche con pedofili o comunque con persone che si trinceravano dietro il volontariato per accedere ai più vulnerabili.

A quanto sembra nel nostro paese puoi darti al volontariato con bambini e persone sensibili senza incappare negli appositi controlli. A sua detta solo per il carcere l’hanno sottoposta a qualcuno di essi, come è giusto che sia, ma riteniamo pleonastico fosse la politica del carcere dato che ovviamente non dovrebbero potervi fare accedere chiunque.

Sentirsi meglio facendo volontariato

Fu così che Gioia fece un lavoro di introspezione,  comprese sempre più riguardo se stessa, interrogandosi se le piacesse realmente lavorare con i bambini, soprattutto mentre contemplava se diventare insegnante. Tramite i senzatetto, questa ricerca interiore, la aiutava perché prestava servizio in un carcere minorile, e avvertiva la mancanza dell’esperienza lavorativa con gli adulti. Il volontariato o l’interazione con i senzatetto, di cui tanti con passati forensi, l’hanno spinta a realizzare che dentro di se aveva maturato le competenze perfino per lavorare con persone adulte e ciò la entusiasmava oltremodo.

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Col senno di poi, Gioia ha anche maturato la consapevolezza di come queste attività le abbiano spalancato determinate porte ed opportunità lavorative, le quali avrebbero potuto esserle precluse altrimenti. Esse si sono accumulate tra loro e le hanno arricchito il cuore e il curriculum, sebbene magari al tempo non avrebbe mai presagito potessero innalzarla in ambito lavorativo.

Gioia è un vulcano di idee, con quell’aria tipica di chi vuole divorare il mondo, infatti si dilunga su quante altre cose avrebbe voluto e potuto fare, ma in Italia è più arduo trovare attività di volontariato, o quelle presenti sono poco accessibili qualora si voglia anche tenere un impiego a tempo pieno. Gioia avrebbe desiderato immensamente fare volontariato in dei call center anti violenza per esempio, ma spesso si richiede che la persona in questione debba dedicare giorni della settimana che solitamente figurano in orari lavorativi.

Gioia suggerisce caldamente ai più giovani di intraprendere questa strada, ai liceali, agli studenti universitari fuori dalla sessione di esami. Il suo inoppugnabile punto di vista è che il volontariato  serva a riconoscere ciò che si vuol fare, in cosa si è abili, impone di essere meno introversi e, più che mai, ti mette nella condizione di sentirti davvero utile.

Gioia ad oggi è la persona più volenterosa che conosca, non lasciatevela scappare, rispecchia saldamente un prototipo ormai fuori produzione dall’alba dei tempi.