L’ortografia è una delle principali fonti di errori. Diversi sono i dubbi relativi all’italiano che assillano i parlanti soprattutto quando devono affrontare l’uso della lingua scritta. “A parte o apparte: come si scrive?” Questa domanda è tra le più frequenti e a differenza di alcuni casi già presi in esame, come “in fondo o infondo”, “c’entra o centra”, questa volta non è il significato a indicare l’errore ne la forma corretta.
Nel lessico italiano l’unica forma esistente è “a parte”, locuzione formata dalla preposizione semplice “a” e da “parte”. “Apparte” è da considerarsi scorretta, anche se il GRADIT, Grande Dizionario Italiano dell’Uso, considera entrambe le forme come corrette etichettando “apparte” come letteraria. In realtà è bene sapere che quando si parla di lingua italiana (o di lingua in generale) non si intende ” un insieme di regole da seguire correttamente”, una lingua altro non è che l’insieme degli usi di una comunità. Essi quindi sono variabili nel tempo e possono subire dei cambiamenti.
Nel caso specifico la forma “apparte” risulta essere sempre più usata, dunque non bisognerà sorprendersi se il GRADIT la prende in considerazione. Ciò è derivato dal fenomeno del raddoppiamento fonosintattico: nell’italiano parlato il suono “p” della locuzione “a parte” viene pronunciato come se fosse doppio. Relativo alla pronuncia del termine, esso influenza il parlante e si ripercuote sulla grafia. La risposta alla domanda “come si scrive a parte o apparte” risulta essere quindi abbastanza semplice.
Pur essendosi diffusa anche la forma “apparte”, essa non è stata ancora accettata del tutto e dunque è da considerarsi corretta la forma a “parte”. Tale discorso si inverte nel caso di “apposta o a posta”: in questo caso a farla da padrone è stata il raddoppiamento fonosintattico, di conseguenza è considerata corretta la forma “apposta”.