Tutti siamo a conoscenza di quanto abbia fatto discutere Disincanto, la nuova serie targata Matt Groening caricata su Netflix che, ancora una volta, trascina con sè le ombre dei trionfi del proprio passato. Sì, perché sarebbe impossibile negare che il principale motivo per cui ciascuno di noi abbia guardato questa piccola meteora televisiva sia proprio il legame con i cartoni che hanno fatto l’infanzia della cosiddetta generazione Y.
È importante rendersi conto che, con lo spettro dei Simpson onnipresente grazie ai disegni e all’assurda somiglianza fisiognomica di alcuni personaggi, si è smarrito ciò che vuole essere Disincanto, ovvero, un prodotto televisivo anzitutto. Senza perderci in chiacchiere, la storia della principessa Bean, problematica adolescente in preda ai propri desideri di realizzazione come essere umano, risulta sin da subito anticonvenzionale, originale, grazie anche al miscuglio apparentemente sgraziato del trio di personaggi che accompagneranno tutta la serie.
Inseguimenti, matrimoni mancati, scontri generazionali, alleanze reali sciolte e ripercussioni belliche di ingente portata diventano nulla rispetto allo spettatore critico e severo che non cessa di comparare Disincanto alle serie televisive sorelle.
Stiamo davvero parlando di un prodotto scadente o è solo il target di riferimento a ritrovarsi uniformato e coeso entro un’unica direzione, quella del disprezzo per la novità? È essenziale riconoscere quanto i Simpson e/o Futurama abbiano rivoluzionato l’universo delle sitcom animate. Ma non è tutto, e non si può rimanere ancorati a prodotti che hanno avuto e consolidato, nel tempo, un potere mediatico da far spavento, anche grazie alla realizzazione di contenuti satirici che continuano a spopolare sui social media.
Un nuovo approccio di Matt Groening
La storia di Bean cattura l’attenzione sin da subito grazie e soprattutto ad una tipologia di personaggio molto diversa rispetto a quella che abbiamo visionato in passato. Per certi versi molto più vicina, sotto mentite spoglie, a problematiche tipiche della nostra realtà che a quella medievale, disincantandone le apparenze, gli usi e costumi dell’epoca in cui è ambientata. D’altronde è proprio questo il significato della parola ‘’disincanto’’: superamento dell’illusione apparente, rivelazione del mondo ora chiaro per come è davvero, in questo caso nella sua essenziale difficoltà, non più deformato da abiti regali, doveri, idea di perfezione.
Assistiamo alla creazione di una realtà che ha rinunciato alla magia della maschera sociale senza abbandonare affatto l’elemento fantastico/fittizio dettato dalla stregoneria e dalle arti occulte che agiscono da luce soffusa ad illuminare l’intero scenario. Una ribellione al senso del dovere caricata di sete per la conquista della propria libertà e acquisizione di senso e ragion d’esistere del singolo.
Disincanto è proprio questo, una fresca ventata di giovinezza.
Disincanto: Prime Immagini dalla Serie Netflix di Matt Groening