Il rientro in Italia
Giorgio Perlasca viene imprigionato dall’Armata Rossa dopo la sua entrata a Budapest, per poi essere rilasciato qualche giorno dopo. Dopo una serie di viaggi tra i Balcani e la Turchia, rientra in Italia, ove conduce una vita normalissima e trincerata dietro la massima discrezione, tanto che nemmeno in famiglia trapela alcun dettaglio sulla storia.
La scoperta
La vicenda balza agli onori della cronaca nel 1987 grazie ad alcune donne ebree ungheresi, ragazzine all’epoca delle persecuzioni, che attraverso il giornale della comunità ebraica di Budapest ricercano notizie del diplomatico spagnolo che le aveva salvate.
Ancora in vita e grazie al coraggio che ha dimostrato, Perlasca ha ottenuto numerose medaglie e riconoscimenti: infatti il 23 settembre 1989 fu insignito da Israele del riconoscimento di “Giusto tra le Nazioni”; a Budapest, nel cortile della Sinagoga, il nome di Perlasca appare in una lapide che riporta l’elenco dei giusti.
In Italia la vicenda ha acquisito notorietà grazie ai giornalisti Enrico Deaglio e Giovanni Minoli. Quest’ultimo accettò la proposta di Deaglio di realizzare un’inchiesta su Perlasca dedicandogli ampio spazio nella trasmissione televisiva Mixer.
Solo nell’ottobre 1991 fu insignito dal governo italiano dell’onorificenza di Grande Ufficiale, mentre nel dicembre 1991 il senato approvò un vitalizio annuo, che Perlasca rifiutò. Muore a Padova nell’agosto 1992, all’età di 82 anni.
In Israele gli è stata dedicata una foresta, che simboleggia le vite degli ebrei da lui salvati in Ungheria.